Svolta in Argentina in testa Macri finisce l’era Kirchner

Svolta in Argentina in testa Macri finisce l’era Kirchner

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Si chiude un’epoca in Argentina, quella caratterizzata dal cosidetto “kirchnerismo”, ennesima versione del peronismo, iniziata con la presidenza di Nestor Kirchner nel 2003, e proseguita con i due mandati di sua moglie Cristina Fernandez. Il leader dell’opposizione Mauricio Macri era largamente in testa negli exit poll ieri notte nel ballottaggio con Daniel Scioli, l’erede di Cristina. Ma chiunque vincerà dovrà affrontare le spine di una situazione economica che negli ultimi anni è divenuta insostenibile e, di conseguenza, modificare (nel caso di Scioli), o ribaltare (in quello di Macri) il modello in voga da un decennio. Freno alle importazioni, stop agli investimenti esteri, tasse salate sulle esportazioni, sussidi ai servizi di base, grandi spese del bilancio pubblico per i programmi sociali a fare delle classi medio basse. Il tutto condito con una interpretazione muscolosa del potere in democrazia, come sono le pressioni censorie sulla stampa o la manipolazione degli indici pubblici di inflazione e povertà.
Al primo turno, il 25 ottobre scorso, il candidato ufficiale del peronismo, Daniel Scioli, ottenne il 37 percento dei voti; l’oppositore Mauricio Macri il 34,1; e il peronista dissidente Sergio Massa, il 21. Come molti previdero fin dal giorno successivo al voto, il mancato successo di Scioli al primo turno avrebbe complicato molto le speranze di continuità che Cristina aveva riposto nella candidatura dell’ex campione di offshore e governatore uscente della provincia di Buenos Aires, la regione dove risiede quasi il 40% dei 32 milioni di elettori argentini.
Macri e Scioli sono entrambi di origine italiana, calabrese il primo, abruzzese il secondo, e sono anche amici da molti anni, tanto che soltanto nelle ultime battute della campagna elettorale si sono scambiati accuse dirette. Il 56enne Macri, sostenuto dalla coalizione “Cambiemos”, è giunto secondo al primo turno ma è dato nettamente favorito al ballottaggio: ha promesso una rottura con la politica protezionista dell’era Kirchner e si è presentato come l’uomo del cambiamento. Mentre Daniel Scioli, 58 anni, ha orientato la sua campagna elettorale sulla difesa da un ritorno del liberismo selvaggio degli anni Novanta che si concluse la bancarotta del 2001, pur avendo una linea molto piu’ centrista e moderata rispetto a Cristina Kirchner.
Un “cambiamento” nella moderazione che non sembra aver convinto l’elettorato, soprattutto perché la Kirchner ha imposto il nome del candidato vicepresidente e partecipato anche troppo attivamente alla campagna di Scioli. Ma chiunque sia il successore di Cristina, fin dall’insediamento il 10 dicembre si prevede una svolta moderata per il Paese sudamericano, con misure che favoriscano gli investimenti esteri e un riavvicinamento agli Stati Uniti dopo il lungo sodalizio con il fronte bolivariano fondato da Hugo Chávez (Venezuela, Ecuador e Bolivia, soprattutto).
Dopo il risultato del primo turno, Mauricio Macri ha capito che poteva rappresentare tutto il fronte sociale dell’opposizione a Cristina, acciuffando anche molti dei consensi ottenuti dal peronista critico Sergio Massa, e ha premuto sull’acceleratore promettendo cambiamenti radicali. Ma un assaggio della profonda crisi del “kirchnerismo” – solo quattro anni fa Cristina venne rieletta con il 54 percento dei voti – era già arrivato un mese fa quando la candidata di Macri, Maria Eugenia Vidal, ha sconfitto l’ex braccio destro della Kirchner, Anibal Fernandez, nell’elezione per il governatore della provincia di Buenos Aires.


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