Bomba nel metrò, terrore a Istanbul

Bomba nel metrò, terrore a Istanbul

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Una piccola bomba artigianale, un tubo di plastica caricato di esplosivo, è bastato per far piombare ieri tutta Istanbul, una metropoli da 14 milioni di persone, nell’incubo di un terrorismo che non ha mai abbandonato la Turchia. Anche grazie alle guerre del governo Erdogan, in Siria e contro i curdi, e soprattutto dopo l’abbattimento del jet russo la settimana corsa, il paese ritorna a vivere una instabilità pericolosa. Tutti si aspettano il nuovo episodio, la nuova puntata di una storia che sarà ancora lunga e violenta.
La bomba di ieri sera è esplosa verso le 18 in una stazione della metropolitana a Bayrampasa: il boato si è sentito fino alle zone centrali del Corno d’Oro e di Beyoglu, scatenando il panico: cinque passeggeri sono rimasti feriti, sembra nessuno sia in pericolo di vita, ma in poche decine di minuti la polizia turca ha ordinato di bloccare tutte le linee della metropolitana in tutta la città, e sulle strade più trafficate sono ricomparsi posti di blocco e pattuglie della polizia.
Secondo il sindaco di Bayrampasa, uno dei comuni che costituiscono Istanbul, «si tratta chiaramente di una bomba: all’inizio qualcuno aveva detto che poteva trattarsi dell’esplosione di un trasformatore elettrico ha aggiunto – cioè di un incidente. Ma io ho mandato i miei uomini, è stato chiaramente un ordigno e la polizia lo confermerà».
E infatti le tv rilanciano le immagini di una telecamera di sorveglianza che riprende l’esplosione accanto alla linea ferroviaria in un punto vicino alla strada, proprio mentre passava un blindato della polizia antisommossa.
L’unica certezza è che in questi giorni ci sono molti che hanno interesse a colpire Istanbul, a colpire il governo di Erdogan. Innanzitutto i movimenti curdi, che solo poche ore fa hanno seppellito Tahir Elci, il mite e pacifico avvocato difensore dei diritti umani ucciso barbaramente a Diyarbakir. Poi ci sono i gruppi collegati alla galassia di movimenti e milizie siriane, più o meno vicini allo Stato Islamico, al terrorismo, ad Al Qaeda. Tutti gruppi che il gioco sporco che Erdogan sta conducendo in Siria (appoggio a gruppi jihadisti e anche all’Is pur di sconfiggere Assad) porta ad avere mille motivi per mettere in atto ritorsioni in Turchia, nella stessa Istanbul.
Il collegamento più verosimile è con uno dei gruppi curdi che da anni protestano o combattono anche con atti di terrorismo, come il Pkk contro il governo turco. Selahattin Demirtas, il capo del partito filo-curdo HDP in parlamento ha detto esplicitamente di «essere certo che la pallottola che ha ucciso Tahir Elci è stata sparata da un’arma della polizia». Nessuna pista è esclusa, nemmeno quella che porta al gruppo di estrema sinistra del Dhkp- c. Chi ha colpito, ha voluto lanciare il suo segnale contro Erdogan. Il presidente turco non ha che l’imbarazzo nella scelta nell’individuare che è pronto a colpirlo.


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