“Chi truffò mio marito adesso deve pagare” Inchiesta sul suicidio

“Chi truffò mio marito adesso deve pagare” Inchiesta sul suicidio

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 CIVITAVECCHIA. «Mio marito mi ha chiesto di cercare giustizia ed è quello che farò. Glielo devo ». Occhi neri come la brace che stonano col vento gelido che le scompiglia i capelli ben curati, il suo volto non tradisce il dolore che si porta dentro. È la dignità, nascosta dietro un sorriso grintoso quello che colpisce di Lidia Di Marcantonio, dignità che «hanno rubato a mio marito, ed è per lui che andrò fino in fondo a questa storia ».
Sono passati 13 giorni dalla morte di Luigino D’Angelo, il pensionato di 68 anni che si è suicidato nella sua elegante villetta a due piani nel cuore della Civitavecchia bene a fine novembre. Via Ugo La Malfa, una stradina di villette che si rincorrono, è un andirivieni di cronisti, telecamere, microfoni, di amici della coppia, di vicini, di curiosi. Il telefono di casa D’Angelo squilla tutto il giorno, a rispondere è la mamma novantenne della vedova Lidia che con estrema gentilezza spiega a tutti «che Lidia non c’è e io non so niente». Non mente. La figlia è uscita poco dopo l’ora di pranzo per andare a Roma dal suo legale, l’avvocato Carlo Ricci Barbarini. Con lui concorda la strategia da seguire e il comportamento da tenere con la stampa, cosa può dire e cosa no. Alle 20 torna. «Luigino era una persona meravigliosa e orgogliosa, un lavoratore onesto che ha risparmiato per assicurare a me e a lui una vecchiaia serena — dichiara —. È vero che mio marito mi ha lasciato una lettera prima di morire e che dalla lettera si evince che il suo gesto deriva direttamente dalle vicende della banca Etruria: aveva investito in obbligazioni e azioni della banca e gli era stato assicurato che si trattava di un investimento del tutto sicuro. Nella lettera mi ha descritto tutta la vicenda bancaria e quanto e quante volte abbia chiesto ai consulenti bancari di conoscere la verità, purtroppo invano». Le braccia conserte, un maglione giallo che non la ripara abbastanza dal freddo. «Quando ha compreso la verità che gli era stata celata — continua — si è sentito truffato, ingannato, tradito e solo. Quelli che hanno sbagliato non hanno vigilato, gli hanno suggerito investimenti non appropriati, gli hanno assicurato una solidità degli investimenti che, invece, era falsa, dovranno rispondere dinanzi alle autorità che i miei avvocati reputeranno competenti. Chiedo ora che non vi siano speculazioni sul nome e sulla tragica vicenda di mio marito. Vi chiedo di rispettare il mio dolore e di tutti quelli che gli hanno voluto bene». Sorride e rientra nella villa in cui ha trascorso 51 anni di vita felice col marito. La casa è spoglia da fuori, nessun addobbo natalizio, non c’è spazio per luminarie quest’anno. Sulla strada nessuno, quasi a voler consacrare quel lutto, ha messo una luce, nulla che ricordi l’avvicinarsi del Natale.
Il fascicolo per istigazione al suicidio, ancora senza nessun nome iscritto, intanto è in mano ai magistrati della procura di Civitavecchia che, a quanto pare non hanno ancora acquisito agli atti la lettera della vittima. «Stiamo decidendo se e come presentare una denuncia — spiega il penalista Ricci Barbarini — al momento non l’abbiamo ancora fatto. Ma valuteremo al più presto la strategia ».
Civitavecchia è scossa, provata, da giorni non si parla d’altro. Sergio Fiorini è stato una delle persone che ha sorretto la bara di Luigino al funerale che si è celebrato lo scorso 1 dicembre nella chiesa di San Felice da Cantalice, gremita. «L’ultima volta che l’ho visto è stato tre giorni prima della sua morte e non avevo capito niente. Non mi aveva neanche mai parlato dei suoi guai con quella banca. È stato il mio caporepartonella centrale termoelettrica qui di Civitavecchia. Luigino era l’uomo dalle mille passioni: lo sport, la cultura, la musica. Giocava a tennis, andava in biciletta e a ballare, sciava, suonava nella banda comunale. Capisce bene che quando ci è arrivata la notizia della sua morte nessuno di noi poteva credere.
E invece…».
E invece ad ucciderlo è stata quell’indifferenza e quell’incapacità di ascoltare un pensionato qualunque. Anche il sindaco di Civitavecchia, il grillino Antonio Cozzolino che si è detto solidale con la vedova ma alla domanda se andrà a trovare la signora Lidia risponde: «Penso di sì, ma capirà che abbiamo tutta una serie di questioni imminenti da risolvere, insomma lavoro tanto e tempo ne ho poco ». Già, il tempo. Quello che continua a scorrere, ma che si è fermato nella villetta di via Ugo La Malfa 28.


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