«Purtroppo no. Io e mio marito vivevamo l’uno per l’altra, siamo sempre stati una coppia molto affiatata e posso dire di aver vissuto una vita felice con lui al mio fianco. Luigino era il non plus ultra in tutto. Abbiamo viaggiato molto insieme, andavamo a ballare, lui amava lo sport, ho il garage pieno di biciclette da corsa. Mio marito non sapeva suonare invece entrò a far parte della banda del paese. Suonava il trombone, che non aveva mai studiato ma ci si è messo d’impegno e ha imparato. Luigino se si metteva in testa una cosa, preciso com’era, arrivava dove voleva. Vuole che le racconti come è entrato nella banda?».
Sì, racconti.
«Un nostro caro amico era andato in pensione e diceva sempre a Luigino “ma io adesso che faccio?” e Luigino gli rispondeva “vieni con me, in bicicletta, ce ne andiamo in campagna, ce ne andiamo a correre”. Ma l’amico si stancava ad andare in campagna e a correre. Un conoscente gli aveva parlato della banda del paese. Gli aveva suggerito di andare a parlare con la maestra della banda. Così mio marito lo accompagna. Quando torna lo vedo con in mano un trombone. Gli chiedo: “Ma che è quel coso?”. E lui: “Hanno detto che nessuno lo voleva, il trombone, perché è troppo pesante. Allora l’ho preso io”. Così è iniziata la sua avventura musicale nella banda del paese. Era uno che non si tirava indietro di fronte a nulla. Sarebbe stato capace di fare l’astronauta… Poi si è comprato anche il tricorno, dopo il trombone, che adesso sta lì, senza nessuno che lo suoni più».
Lei ha dichiarato che vuole giustizia per suo marito.
«Sì, lo farò. Non sono una donna forte, ma lo farò». Lidia si alza, aspetta degli amici ai quali ha sconsigliato di andarla a trovare nei giorni scorsi «perché la mia casa era presidiata da voi giornalisti ». Mostra le foto dei momenti felici trascorsi con Luigino, guarda quella ringhiera maledetta dove, nel punto esatto in cui ha appeso la corda il marito, ora c’è un piccolo santino.