Ue sempre più chiusa per i migranti

by Carlo Lania, il manifesto | 16 Dicembre 2015 10:36

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Si va delineando sempre più la strategia europea per fermare gli arrivi dei profughi e l’espulsione dei migranti economici. La commissione Ue ha dato ieri il via libera a Strasburgo alla creazione di una guardia costiera e di frontiera europea da far intervenire lungo i confini dell’unione, ma ha anche proposto la creazione di un documento di viaggio europeo per velocizzare i rimpatri di coloro ai quali non viene riconosciuto il diritto di asilo. Viaggio di sola andata, naturalmente. Tutto questo mentre, attraverso un rapporto molto critico nei confronti del nostro paese, si sollecita l’Italia ad aprire entro la fine dell’anno almeno altri due hotspot (oltre a Lampedusa) a Pozzallo e Porto Empedocle, e altri tre nei primi mesi del 2016 aumentando l’impegno a identificare quanti arrivano «anche con l’uso della forza». «Sappiamo che l’Italia sta facendo un grande lavoro, ma sul fronte degli hotspot è ancora indietro», ha detto il vicepresidente della commissione Frans Timmermans.
L’accordo messo a punto con la Turchia per impedire nuove partenze di migranti verso l’Europa sta già dando i suoi frutti, ma Bruxelles vuole ridurre ulteriormente gli arrivi (oggi la percentuale di migranti intercettati non supera il 20%). La creazione di un Agenzia europea capace di intervenire lungo i confini sia terrestri che marittimi serve anche a questo. La nuova guardia costiera sostituirà Frontex e avrà il compito di recuperare in mare i migranti per poi sbarcarli in quei porti dove sono già operanti gli hotspot in modo da consentirne l’identificazione immediata. Stessa cosa ai confini terrestri, dove la nuova forza verrà impiegata a rinforzo delle polizie locali. La commissione ha stabilito che il corpo di guardie europee potrà intervenire anche se il paese interessato non ne farà richiesta, ignorando così il fatto che la sicurezza delle frontiere è una delle materie ancora di competenza dei governi. L’agenzia avrà anche il compito di monitorare se gli stati stiano affrontando in maniera adeguata le situazioni di crisi e la presenza di eventuali carenze nei controlli che possano mettere in forse la sopravvivenza di Schengen.
Ma i problemi veri riguardano due questioni centrali per la commissione europea come i rimpatri e i ricollocamenti. Per quanto riguarda i primi da tempo l’Europa lamenta le difficoltà nel metterli in atto. Del circa mezzo milione di espulsioni decretate ogni anno nel 2014 ne è stato eseguito il 40%. A ostacolare le operazioni è proprio la mancanza di documenti validi per il rimpatrio. Problema che Bruxelles sta pensando di superare proponendo un documento di viaggio europeo con caratteristiche tecniche e di sicurezza accresciute e riconosciuto da tutti gli stati membri. Resta da capire dove possano essere rimpatriate persone che si sono rifiutate di fornire generalità e paese di origine. L’ipotesi più probabile è che alla fine si decida di rispedirle nel paese dal quale sono partite dirette in Europa. L’accordo con la Tirchia e, se si dovesse davvero arrivare i tempi stretti a un accordo di pace e alla nascita di un governo unitario, quello che si potrebbe stilare presto con la Libia servono proprio a questo.
Legata a filo doppio con i rimpatri c’è però la questione dei ricollocamenti. E qui l’Europa che bacchetta Roma sugli hotspot deve recitare un mea culpa per i ritardi con cui si sta procedendo. «Sono molto deluso, mi sarei aspettato molto di più», ha ammesso ieri il commissario europeo per l’Immigrazione Dimitris Avramopoulos. «Solo 9 paesi su 28 hanno attuato lo schema della commissione. Credo che tutti debbano collaborare di più e partecipare al programma». I numeri parlano chiaro: su 160 mila persone da ricollocare, finora sono stati reperiti poco più di un migliaio di posti. «Se continuiamo così finiamo tra un secolo» si era lamentato qualche settimana fa anche il presidente della commissione Jean Claude Juncker.
Ritardi che, insieme alla lentezza dei rimpatri, permettono al ministro degli Interni Angelino Alfano di replicare alle accuse europee. «E’ tutto pronto per partire» con gli hotspot, «adesso vogliamo capire se partono i rimpatri», ha detto il titolare del Viminale. E sull’ipotesi di un uso della forza per rilevare le impronte, Alfano ha ricordato come la legge italiana preveda già un intervento «proporzionato» alla situazione a cui si deve far fronte.

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