Il bel tempo che ammazza il mondo

by Angelo Mastrandrea, il manifesto | 27 Dicembre 2015 10:09

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Clima. È Natale ma sembra primavera: temperature mai viste da New York al polo Nord. I cambiamenti climatici sconvolgono il mondo: Pechino affoga nello smog, tornado a raffica nel sud degli Stati Uniti ed emergenza alluvioni in Gran Bretagna. La febbre del pianeta è aumentato di quasi un grado in un anno, e l’Uk Met Office lancia l’allarme: il 2016 sarà l’anno più caldo della storia

Non avrebbe potuto esserci sceneggiatura migliore contro i cambiamenti climatici di quella che madre natura ha architettato per questo Natale: una città come Pechino avvolta in una cappa di fumi tossici così densa che gli aerei non hanno potuto atterrare; temperature per niente polari sull’Artico; zero termico a 1100 metri sulle vette trentine, al punto da mettere a rischio persino la tenuta della neve artificiale sulle piste da sci; alluvioni devastanti in Gran Bretagna, primavera anticipata a New York e mimose in fiore in Liguria. Nulla di nuovo, a ben vedere, solo la degna chiusura di un anno caldo come pochi altri, con temperature medie mediterranee sulle Alpi e punte di oltre 40 gradi in estate in tutta la Mitteleuropa.

Se così stanno le cose, lascia il tempo che trova lo «storico accordo» (com’è l’ha definito il presidente Laurent Fabius, socialista francese) appena raggiunto alla conferenza sul clima Cop 21 di Parigi. Al meeting delle Nazioni unite si è deciso non di diminuire le emissioni dei cosiddetti gas serra, come sarebbe d’obbligo vista la rapidità dei cambiamenti climatici e gli sconvolgimenti ambientali e sociali che essi producono («sarà un mondo più estremo», ha ricordato Naomi Klein in un’intervista al manifesto il 15 dicembre scorso), ma solo un impegno all’«equilibrio» nella seconda metà del secolo e nessuna sanzione per chi viola le regole.

La fuliggine di Pechino

Nel mirino sono soprattutto potenze emergenti come la Cina e l’India, con il loro modello frenetico di sviluppo che non tiene in alcun conto le esigenze dell’ambiente e l’utilizzo massiccio di combustibili fossili. Proprio Pechino in questi giorni è stata la prima vittima di se stessa: il livello di inquinamento cittadino (già solitamente alto) è salito così tanto da far cancellare 220 voli all’aeroporto per la scarsa visibilità causata dallo smog. Dichiarata l’«allerta rossa», la chiusura delle scuole e il blocco dei cantieri edili, nonché la circolazione delle auto a targhe alterne. Misure tampone in attesa dell’arrivo di un vento freddo che ripulirà l’atmosfera ma non risolverà il problema, come ha ammesso lo stesso governo cinese in un documento diffuso alla conferenza di Parigi. In esso si spiega come il rapido innalzamento della temperatura terrestre possa minacciare il Paese su tre fronti: l’ambiente, l’economia, e la sicurezza nazionale, tra innalzamento del livello del mare (tra i 40 e i 60 centimetri) che metterebbe a rischio megalopoli come Shangai, e lo scioglimento dei ghiacciai del Tibet che metterebbe a rischio i 700 chilometri della ferrovia più alta del mondo.

Primavera a New York

Da un capo all’altro del pianeta, nella solitamente gelida Grande Mela, dove l’anno scorso il freddo raggiunse temperature record, in questi giorni è invece primavera: venti gradi e immagini di cittadini in t-shirt a Central Park che fanno il giro del mondo. Mentre Alabama, Arkansas, Mississippi e Tennessee sono stati flagellati da decine di tornado (23 nella sola giornata di mercoledì). Anche negli States il problema è politico. Tra un anno si vota e «il partito repubblicano è l’unico nel mondo avanzato che nega il cambiamento climatico», ha detto Barack Obama nella conferenza stampa di fine anno alla Casa Bianca. Il presidente degli Stati Uniti ha detto di aspettarsi i tentativi dei conservatori di fermare l’applicazione dell’accordo sul clima raggiunto in Francia. Anche su questo fronte si tratterà di un voto-spartiacque, con implicazioni globali.

Mimose e zanzare in Italia

Non siamo a livelli cinesi, ma nel nostro Paese il Natale pazzo ha preso le sembianze di una cappa di smog che ha avvolto le due maggiori città. A Milano il sindaco Giuliano Pisapia ha deciso lo stop del traffico per due giorni e a Roma il prefetto Francesco Paolo Tronca è stato costretto al dietrofront, mentre il giorno di Natale alle 13 la metropolitana chiudeva anticipatamente. Un segnale di quanto sia complicata la situazione nella capitale e di come la questione ambientale rimanga in fondo all’agenda politica.

Ma non c’è solo questo. Il pazzo Natale italiano ha fatto registrare nebbie record e chiusure di aeroporti in tutto il centro, mentre nelle zone tirreniche sono fiorite mimose, viole e primule, nelle montagne i ghiri non sono andati in letargo e le zanzare imperversano nelle aree più umide. La Coldiretti ha lanciato l’allarme: il mese di dicembre ha fatto registrare 2,5 gradi di temperatura in più rispetto alla media (lo stesso è accaduto a novembre), ma soprattutto non ha piovuto, con la conseguenza che il fiume Po è ai livelli estivi e in alcune zone di montagna è scattato l’allarme incendi per la presenza di arbusti e rami secchi. Se il problema immediato si chiama siccità (e una parte d’Italia è a serio rischio desertificazione), la sfasatura climatica potrebbe avere risultati disastrosi: se le temperature dovessero abbassarsi di colpo sarebbero a rischio i raccolti.

Polare? Magari

L’Arctic Report Card, uno studio guidato dall’agenzia Usa della meteorologia (Noaa) e scritto da 70 studiosi di dieci paesi diversi, pochi giorni fa ha denunciato: la temperatura media annuale dell’aria sulla terraferma, tra l’ottobre 2014 e il settembre 2015, è stata di 1,3 gradi sopra la media, la cifra più alta da quando sono iniziate le registrazioni, nel 1900. Rispetto agli inizi del XX secolo, oggi l’aria è più calda di 3 gradi. L’estensione massima del ghiaccio marino è la più bassa mai riscontrata dal 1979. Inoltre, oltre il 50 per cento della superficie della calotta di ghiaccio della Groenlandia si è sciolta. Nell’ultimo anno i ghiacciai hanno perso una superficie di 16,5 chilometri quadrati e la conseguenza più visibile è stata la migrazione dei trichechi verso nord, con le prevedibili conseguenze sull’habitat. Niente slitte per Babbo Natale nella sua città, Rovaniemi in Finlandia, all’altezza del Circolo polare artico, dove è stato registrato un grado sopra lo zero.

A Londra non piove, diluvia

Nel Regno Unito il 2015 è stato l’anno più caldo dal 1910, quando le temperature hanno cominciato a essere rilevate. Le temperature elevate hanno portato piogge record: nella contea di Cumbria, nel nord-ovest dell’Inghilterra, a dicembre sono state certificate le più alte precipitazioni della storia e i fiumi sono tracimati. Una situazione inedita nel pur piovoso Regno Unito, poco abituato a fare i conti con eventi estremi. Per questo il giorno di Natale si è riunita una commissione del governo britannico per affrontare l’emergenza alluvioni.

Un 2016 ancora più caldo

A gennaio è prevista un’ondata di freddo che spazzerà via ogni preoccupazione fino alla prossima emergenza (ma, come abbiamo visto, potrebbe avere effetti disastrosi sulle colture). Ma rischia di essere un fuoco di paglia. Secondo le previsioni dell’Uk Met Office, il 2016 potrebbe essere l’anno più caldo di sempre, a causa della combinazione tra i cambiamenti climatici e il picco del fenomeno meteorologico El Niño che ha già flagellato il mondo nel 2015.

Nell’anno in arrivo, fa sapere il Met Office, la temperatura media globale sarà più alta di 1,14 gradi rispetto ai livelli pre-industriali, e la tendenza è verso ulteriori progressivi aumenti. Dopo le punte massime toccate nel 2015, anche l’anno che sta per arrivare potrebbe essere caratterizzato da livelli elevati. A lanciare il nuovo allarme è stato l’Uk Met Office, secondo cui stando alle previsioni il 2016 potrebbe essere l’anno più caldo di sempre. «Entro la fine del 2016 assisteremo a tre anni da record di seguito per le temperature globali», ha spiegato il professor Adam Scaife, dopo che nel solo 2015 le temperature sono salite di 0,72 gradi. Con queste previsioni, l’obiettivo di contenere l’incremento entro 1,5 gradi appare di basso profilo, oltre che difficile da rispettare se non si inverte radicalmente la tendenza.

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