La procura di Lecce salva gli ulivi e indaga commissario e scienziati dell’emergenza xylella

La procura di Lecce salva gli ulivi e indaga commissario e scienziati dell’emergenza xylella

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Salento. Sequestrati gli ulivi soggetti ad eradicamento forzato. Con i nuovi accertamenti scientifici di fatto vengono a cadere i presupposti per chiedere l’emergenza e la calamità naturale, in base alle quali si sta già usufruendo di ingenti fondi pubblici, sia ministeriali sia europei

Non uno ma nove diversi ceppi di xylella. E non dal 2013, ma probabilmente da molti anni prima. Oppure, altra ipotesi, introdotti recentemente in più tranche. La Procura di Lecce rimescola le carte, indica altre verità rispetto a quelle indicate dal CNR e dall’Università di Bari, dalla Regione Puglia e dal Ministero delle politiche agricole e sequestra preventivamente (con facoltà d’uso per garantirne la cura e la raccolta delle olive da parte dei proprietari) gli ulivi che il Commissario per l’emergenza xylella, Giuseppe Silletti, avrebbe ripreso a sradicare già dal 16 dicembre. Se non glielo avessero impedito gli agricoltori e i cittadini, frapponendosi tra le ruspe e gli ulivi.

E lo indaga.

Indaga Silletti e altri nove protagonisti del grande affaire xylella.

  1. Antonio Guario, 64 anni, in qualità di ex dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale di Bari;
  2. Giuseppe D’Onghia, 59 anni, dirigente del Servizio Agricoltura area politiche per lo sviluppo rurale della Regione Puglia;
  3. Silvio Schito, 59 anni, dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale di Bari;
  4. Giuseppe Blasi, 54 anni, capo dipartimento delle Politiche europee ed internazionali e dello Sviluppo rurale del Servizio fitosanitario centrale;
  5. Nicola Vito Savino, 66 anni, professore universitario e direttore del centro di ricerca, sperimentazione e formazione in agricoltura Basile Caramia di Locorotondo;
  6. Franco Nigro, 53 anni, micologo di Patologia vegetale dell’università di Bari;
  7. Donato Boscia, 58 anni, responsabile della sede operativa del Cnr dell’istituto per la Protezione sostenibile delle piante;
  8. Maria Saponari, 43 anni, ricercatrice del CNR dell’istituto per la Protezione sostenibile delle piante;
  9. Franco Valentini, 44 anni, ricercatore dello IAMB.

Diverse le ipotesi di reato: diffusione di fitopatologia, falso ideologico, violazioni colpose delle disposizioni ambientali, deturpamento di bellezze naturali, turbativa violenta del possesso di cose immobili.

Dunque gli alberi d’ulivo sui quali pende l’ordinanza di abbattimento del commissario straordinario per l’emergenza xylella, Giuseppe Silletti, sono stati sequestrati preventivamente per impedire che si sradichino sulla base di decisioni poggiate su falsi presupposti, sia scientifici sia, di conseguenza, amministrativi.

Una figuraccia internazione, sia del Ministero delle politiche agricole, sia della comunità scientifica italiana, in particolare il CNR di Bari e l’Università di Bari, sia della Regione Puglia.

Il capo della procura di Lecce Cataldo Motta ha fissato i primi paletti di un’indagine condotta con ritmo serrato in un anno e mezzo e partita dall’esposto di due associazioni: Forum ambiente e salute e Spazi popolari.

“Siamo partiti dagli esposti ma poi le indagini hanno preso una piega diversa — ha tenuto a precisare il procuratore — agendo, come sempre accade, in maniera autonoma”.

Le indagini, coordinate dalle pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci, che hanno incaricato un pool di esperti per verificare i presupposti scientifici su cui si sono basate le decisioni prese dalla Regione Puglia e comunicate alla Ue, hanno riscontrato l’esistenza di ben 9 ceppi di xylella fastidiosa, non uno solo, come affermato dai ricercatori del CNR.

Questo induce a concludere che è molto verosimile che la xylella sia presente nel Salento da molto tempo e che si sia nel tempo mutata geneticamente, come è normale facciano i batteri per adeguarsi all’ambiente in cui vivono. Oppure che sono state introdotte più tipologie di xylella che poi si sono mescolate tra loro.

I consulenti tecnici della procura avanzano diverse ipotesi ma di certo si può affermare che diversi tipi di xylella sono presenti da molti anni e da molto tempo prima rispetto a quando è stata comunicata la sua presenza alla Ue da parte dell’Istituto fitosanitario regionale, cioè il 15 ottobre 2013.

Di fatto vengono a cadere i presupposti per chiedere l’emergenza e la calamità naturale, in base alle quali si sta già usufruendo di ingenti fondi pubblici, sia ministeriali sia europei.

Si tratterebbe di indebita percezione di finanziamenti ministeriali ed europei? Le indagini su questo e su molto altro sono ancora aperte, inclusa l’analisi della memoria dei pc sequestrati al CNR di Bari, ancora sotto la lente d’ingrandimento della procura; per ora non è ipotizzato il dolo, semplicemente perché è difficile provarlo, ma sono ipotizzati “solo” la “colpa”, l’imperizia, la superficialità, la negligenza.

“E’ anche da precisare, ha dichiarato Motta, che la Ue non impone di sradicare gli alberi e che anzi l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha precisato che sradicare gli alberi non serve per eradicare il batterio, eppure è stata una scelta della Regione Puglia, quella di sradicare gli ulivi per bloccare l’avanzamento della presunta infezione da xylella.

La “Ue è stata indotta in errore in base a dati impropri e non del tutto esatti comunicati dagli uffici regionali”, ha detto Motta.

In una parola, sono state prodotte false dichiarazioni alla Ue.

Inoltre, ha detto Motta, le piantine di vite infettate da xylella fastidiosa per l’ormai famigerato seminario del 2010 tenutosi presso lo Iamb di Valenzano, sono entrate in Europa senza “passaporto verde”, cioè senza alcuna autorizzazione.

Abusive.

Il colpo di scena è stato che la procura è riuscita, con i suoi periti, a dimostrare con la logica e senza effettuare l’attesa prova di patogenicità del batterio xyella fastidiosa sugli ulivi (prova che ancora manca), che non c’è relazione diretta tra la presenza del batterio e il disseccamento.

“Abbiamo fatto delle analisi su ulivi sani, cioè senza sintomi di disseccamento, e c’era xylella; abbiamo fatto le stesse analisi su ulivi con gravi sintomi di disseccamento e la xylella non c’era”, ha detto Motta.

Il Piano Silletti bis dunque è definitivamente fallito: da una parte il sabotaggio dei cittadini, che hanno bloccato le ruspe, ponendo i loro corpi tra i mezzi meccanici e gli alberi, occupando le strade e la ferrovia; dall’altra le decine di ricorsi al Tar e i due ricorsi alla Corte di giustizia europea; infine la Procura, che ha bloccare lo sradicamento degli ulivi, sequestrandoli.

Questa è solo la punta dell’iceberg del grande affaire xylella fastidiosa, le indagini proseguono e c’è da star certi che altri colpi di scena seguiranno.

Il problema è che, come sempre accade in Italia, si possono perseguire gli esecutori di un delitto, ma i mandanti sono difficili da trovare.

Dovranno però, al di là delle indagini della Procura, dare conto ai pugliesi i responsabili politici di questo scempio: l’allora presidente della regione Puglia Nichi Vendola, l’ex assessore Fabrizio Nardoni, il ministro Martina, che dovrebbe immediatamente dimettersi (avendo comunicato falsità alla Ue e avendo speso soldi pubblici per un’emergenza e una calamità che non ci sono) il senatore Dario Stefàno, l’ex presidente della Commissione agricoltura Paolo De Castro e attuale direttore scientifico del Ciheam, organismo internazionale cui fa capo lo Iamb di Bari, che gode di immunità extraterritoriale, per cui la Procura non ha potuto sequestrare alcun documento o pc che non fosse volontariamente messo a disposizione dallo stesso Istituto agro mediterraneo di Bari.

Se la Ue è stata indotta in errore da false comunicazioni della Regione Puglia, del CNR di Bari e di conseguenza del Ministero, c’è dunque da aspettarsi un annullamento della procedura di infrazione avviata dalla Ue nei confronti dell’Italia, come chiesto dai tanti comitati a difesa degli ulivi sorti in Puglia.

* Direttrice del Tacco d’Italia e del supplemento digitale xylellareport?.it



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