Saldi al via. Ma degli immobili pubblici

Saldi al via. Ma degli immobili pubblici

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Beni comuni. Parte la svendita del patrimonio immobiliare statale tramite i nuovi vertici della Cassa depositi e prestiti. L’operazione annunciata da «l’Unità» non era riuscita al centro-destra, ora, con le stesse modalità, il «sindaco d’Italia» sfrutta l’esperienza del teatro di Firenze: chiuso e privatizzato. Mentre si perde sovranità

Per acquistare a poco prezzo il patrimonio immobiliare della Grecia i circoli finanziari europei hanno imposto il durissimo intervento del governo europeo e della Bce che ha condizionato i prestiti necessari alla sopravvivenza di centinaia di migliaia di famiglie greche alla vendita di immobili e infrastrutture per un valore di 50 miliardi di euro. In Italia è sufficiente l’azione di Renzi e del fidato Padoan.

Venerdì sono circolate le anticipazioni della grande svendita del patrimonio di tutti gli italiani e non è certo un caso che sia stato il giornale di casa, L’Unità, a darne con grande risalto l’annuncio. Erano due decenni che i governi di centro-destra avevano tentato la vendita del patrimonio degli italiani ma senza grandi successi.

Dopo le prime leggi di alienazione approvate anche dal centro-sinistra ( l’intera vicenda era stata denunciata già dal 2002 da Salvatore Settis nel volume Italia spa edito da Einaudi ), il primo tentativo operativo risale al 2004, quando si affidò alla società Investire immobiliare 394 immobili dello Stato poi passati a Blackstone.

Nel 2007 si tentò con la Scip 2, la società veicolo creata dal ministro Tremonti. All’epoca, anche per il contrasto con le Fondazioni bancarie, non si raggiunsero gli equilibri economici e finanziari e la Scip 2 concluse la sua azione con un forte deficit. Né migliore fortuna ebbe l’altra società di valorizzazione immobiliare, Fintecna.

I fallimenti portarono Tremonti alla costruzione nel 2009 di una nuova società: la Sgr investimenti, nata all’interno della Cassa depositi e prestiti, alla cui direzione mise un suo fedelissimo, Massimo Verazzani, che appena un anno prima era stato nominato commissario straordinario per risanare il deficit di bilancio di Roma.

Anni di sperimentazioni sono serviti per mettere a punto il sistema di vendita e indubbiamente il Renzi sindaco di Firenze è stato l’uomo che con più lucidità ha portato avanti in sede locale il disegno ideato per l’intero paese.

Proprio quando sta per concludere l’offensiva contro Enrico Letta, Renzi rischia grosso. A dicembre 2013 il debito accumulato dal comune di Firenze supera i limiti del patto di stabilità imposti dal governo Monti e solo un provvidenziale aiuto da Cassa depositi e prestiti al cui vertice sedeva ancora Franco Bassanini riesce ad evitargli l’onta del default: la Cdp acquista attraverso il Fondo investimenti per la valorizzazione Plus per 23 milioni di euro il Teatro comunale che il sindaco aveva inutilmente tentato di vendere già dal 2009 ad un valore molto maggiore: 44,5 milioni. Dall’anno seguente il teatro viene inserito nella lista dei beni immobiliari pubblici da vendere e chissà quando troverà un acquirente: con queste spericolate operazioni, dunque, lo Stato si indebita dilapidando contemporaneamente il patrimonio pubblico.

La Firenze renziana diventa la città che persegue con disinvoltura la svendita sistematica del patrimonio immobiliare pubblico: il comune come agente di speculazione immobiliare.

Sotto la guida del nuovo sindaco Nardella, ma il lavoro era iniziato sotto il suo predecessore, viene reso pubblico il dossier Florence city of the opportunities, una gigantesca apertura al mercato immobiliare internazionale. Il dossier comprende 47 schede di compendi immobiliari privati e 12 pubblici di straordinario valore storico e che negli anni passati erano stati recuperati in modo straordinario, come nel caso dell’ex carcere delle Murate.

Il sindaco di Firenze aveva dunque le carte in regola per diventare il «sindaco d’Italia» e condurre finalmente in porto la svendita immobiliare. L’annuncio era stato preparato da due provvedimenti coerenti con quella finalità.

Il primo era arrivato con lo Sblocca Italia, all’interno del quale (articolo 10) sono state create le condizioni per il sistematico intervento di Cassa depositi e prestiti nell’acquisto e valorizzazione degli immobili da dismettere. Insomma, la positiva esperienza della vendita del teatro comunale ha contribuito a costruire un veicolo molto più potente ed efficace di quelli dei governi di centro-destra.

Il secondo provvedimento riguarda la campagna di occupazione del potere: nel luglio dello scorso anno vengono indicati i nuovi vertici di Cassa depositi e prestiti. In cima alla piramide viene nominato Claudio Costamagna, ex banchiere Goldman Sachs e attuale presidente di Salini-Impregilo. Amministratore delegato diventa Fabio Gallia che ricopriva identico ruolo nella Banca nazionale del lavoro.

E visto che il mercato immobiliare langue, meglio aiutarlo con l’ulteriore deregulation. L’articolo 26 dello Sblocca Italia prevede la variante urbanistica automatica per tutti i progetti che riguardano gli edifici pubblici. In particolare il comma 8 prevede che una parte della valorizzazione immobiliare ottenuta attraverso la variante urbanistica venga attribuita alle amministrazioni locali che hanno costruito il provvedimento di alienazione. È lo stesso meccanismo di incentivazione alla vendita che era stato inserito in molti provvedimenti legislativi da Giulio Tremonti.

Si chiariscono dunque sempre meglio i motivi che hanno portato alla repentina scalata al potere di Renzi e i motivi strutturali di tale disegno. Verremo inondati dai soliti annunci trionfali, si dirà che i proventi della vendita serviranno per trovare risorse per il rilancio dell’economia. Saranno i soliti annunci privi di fondamento: i valori immobiliari sono ai minimi storici dell’ultimo ventennio e la vendita servirà solo a soddisfare gli appetiti degli investitori internazionali o a creare un indebitamento futuro come dimostra il caso del Teatro comunale di Firenze.

L’insigne giurista Paolo Maddalena ha di recente scritto Il territorio bene comune degli italiani (2013 Donzelli) in cui si sostiene lucidamente che senza patrimonio un popolo perde la sovranità: allo scellerato disegno del governo è ora di opporre un progetto di pari sistematicità che metta al centro dell’agenda politica la difesa dei beni pubblici.



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