Santiago Gamboa: “Un romanzo è un processo di perdita”

by o.c. | 25 Gennaio 2016 9:06

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Santiago Gamboa è uno dei giurati della 57° edizione del Premio Casa de Las Americas, inaugurata lunedì 19 gennaio  a l’Avana. Gamboa è nato a Bogotà (Colombia) nel 1965. Ha studiato letteratura all’università Javeriana di Bogotà e all’università Complutense di Madrid, dove si è laureato in Filologia ispanica. Ha vissuto a Parigi tra il 1990 e il 1997. Qui ha concluso un dottorato sulla letteratura cubana all’università La Sorbonne. Ha lavorato come giornalista per il servizio America Latina di Radio Francia Internazionale ed è stato corrispondente del Tiempo di Bogotà.

Tra i suoi libri, segnaliamo: Perder es cuestión de método, La vida feliz de un joven llamado Esteban y Los impostores (Seix Barral).

In un’intervista con Ana Zarzuela e Luis García lo scrittore colombiano racconta di aver iniziato a scrivere a 18 anni: “Quando ho lasciato Bogotà per andare a Madrid, nel 1985 – dice – avevo 19 anni e ricordo che tenevo in valigia una storia di 65 pagine, una specie di romanzo corto e tre o quattro racconti. Ricordo che decisi di scrivere, con gran timidezza, per il piacere così grande che mi procurava la lettura. Però mi faceva paura l’idea di essere scrittore.

Mi sembrava che quello fosse un destino tragico. Cercare di vivere del talento mi sembrava tragico, perché l’insuccesso, che sarebbe certo arrivato, avrebbe avuto ripercussioni sul resto della mia vita. Avevo paura – aggiunge – di prendere questa decisione e, di fatto, non avevo mai a nessuno che scrivevo fino a quando non completai, molto tempo dopo (nel 1993), la prima versione del mio primo romanzo,  Páginas de vuelta”.

Alla domanda, quanto c’è di inganno in ogni scrittore ? Santiago Gamboa risponde:

“Un romanzo è un processo di perdita. Uno sogna sempre un grande romanzo. Poi viene la consapevolezza. Le tue forze, molto spesso, non sono sufficienti. Per questo Flaubert diceva che lo stile lo fanno i limiti. […] Uno scrittore in un certo senso si nasconde dietro ai libri. Non credo comunque che l’inganno sia qualcosa di negativo, in fondo è parte dell’essere umano, tutti viviamo dando immagini di noi che non corrispondono alla realtà. Quando parla di se stesso tutto il mondo è buono, tollerante, giusto… quando però lo osservi da vicino, le cose sono molto diverse. Oggi maggiormente, poiché il linguaggio non ha più alcun valore come discorso ideologico, tutto il mondo dice le stesse cose, parole come fraternità, solidarietà…Dobbiamo inventare altre parole, oggi tutto il mondo dice pace, tolleranza… Qualcuno parla di odio ? O morte ? Nessuno. E ciononostante siamo circondati di odio e di morte.”

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