Barriera anti-profughi Il (nuovo) piano Ue

by Maria Serena Natale, Corriere della Sera | 24 Gennaio 2016 8:55

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Da Nord a Sud ogni giorno nuovi muri di controlli e divieti, da Sud a Nord non si ferma il flusso di una migrazione che fa saltare regole e confini. Anche la linea del fronte si sposta in questa crisi dai troppi punti di rottura. Prima l’Italia lasciata sola nel Mediterraneo, poi l’Ungheria delle barriere di filo spinato per fermare il flusso lungo la rotta balcanica, quindi il braccio di mare tra Turchia e isole greche dell’Egeo con il suo carico di vite e dolore. Un nuovo focolaio si accende ora al confine meridionale della Macedonia, dal quale passano i profughi in arrivo dalla Grecia diretti verso Germania, Austria e Paesi del Nord Europa. La Ue sta studiando un piano per aiutare Skopje a fermare il passaggio dei migranti che si ritroverebbero così bloccati in una Grecia circondata e costretta a gestire all’interno un’emergenza superiore alle forze del governo di Alexis Tsipras. Il primo ministro di Atene, già alle prese con le contrastate riforme previste dal terzo pacchetto di salvataggio internazionale, giudica pericolosa l’ipotesi di rafforzamento dei controlli al confine macedone emersa mercoledì scorso dalla riunione degli ambasciatori europei su proposta della Slovenia e già sfociata nell’invio di una squadra tecnica per valutare la situazione sul terreno. I funzionari della Commissione Ue dovranno ora stimare l’entità delle risorse — mezzi e uomini — necessarie alla Macedonia, che nella settimana appena conclusa ha bloccato la frontiera due volte «per motivi tecnici». Il confine è stato riaperto ieri, aggiornata la conta degli ingressi: oltre mille nelle ultime 24 ore, circa 38 mila dall’inizio dell’anno, con temperature sotto lo zero e nevicate che mettono in serio pericolo i profughi, tra i quali molti anziani, donne e bambini. La Macedonia attualmente respinge i migranti economici e lascia passare solo rifugiati da Siria, Afghanistan e Iraq decisi a raggiungere Austria e Germania, due dei Paesi che insieme a Slovenia, Svezia e Danimarca nelle ultime settimane hanno annunciato la reintroduzione dei controlli temporanei ai confini.
Sigillando la frontiera Nord, il progetto europeo di fatto taglierebbe fuori dall’area di libera circolazione di Schengen la Grecia che ha visto oltre 850 mila ingressi nel 2015, più di 42 mila solo a gennaio 2016. La rapida risposta di Bruxelles alla sollecitazione del premier di Lubiana Miroslav Cerar, preoccupato per il passaggio di migranti irregolari dalla via dei Balcani che ormai include a pieno titolo anche la piccola Slovenia, riflette la presa d’atto del fallimento del piano di cooperazione con Ankara per tentare di arrestare il flusso in Turchia. Solo venerdì scorso 43 persone hanno perso la vita nel doppio naufragio dell’Egeo, tra loro 17 bambini. E traduce il senso d’impotenza che corre tra le capitali di fronte a una marcia che sfida l’inverno per sfuggire alla guerra e alle persecuzioni trovando un’Europa divisa e paralizzata, incapace anche di procedere con il sistema degli hotspot per l’identificazione dei migranti in Grecia e Italia e con lo smistamento dei 160 mila richiedenti asilo previsto dalla Commissione: finora solo 331 rifugiati sono stati ricollocati.
L’operazione Macedonia piace a Berlino da dove Angela Merkel mantiene la leadership politica della gestione dell’emergenza ma deve fare i conti con un’opposizione interna alla linea dell’apertura che è stata rinvigorita dalle polemiche sull’aggressione di massa di Capodanno a Colonia e che nell’immediato costringe la cancelliera a un riposizionamento a favore di controlli più severi. Il progetto piace anche al presidente del Consiglio Ue, il polacco Donald Tusk, che con i leader europei ha fissato per marzo l’ultimatum per l’elaborazione di un nuovo piano capace di salvare uno dei pilastri dell’Unione, la libera circolazione nello spazio Schengen — con annessa revisione del sistema di Dublino sul diritto d’asilo. Europa ultima chiamata.
Maria Serena Natale
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