Frontiere sempre più chiuse
Nevicava ieri a Istanbul, con voli cancellati e traghetti fermi sul Bosforo. E le condizioni proibitive del tempo hanno fermato anche i barconi di disperati nell’Egeo. Ma sotto la coltre bianca niente di buono sta covando per il popolo dei fuggiaschi: i leader europei stanno mettendo a punto un cosiddetto «piano B» sui migranti.
All’agenzia turca Anadolu il ministro degli Interni svedese, Ygeman Anders, lo stesso a cui si deve la recente decisione di respingere 80 mila delle 163 mila domande di asilo ricevute, ha confessato che la misura dei charter per i respingimenti di massa è troppo onerosa e che in futuro il problema può essere risolto solo con il «sostegno sincero alla Turchia», non dimenticando di ricordare i 3 miliardi stanziati dalla Ue allo scopo. «Le promesse economiche fatte ad Ankara devono essere mantenute, nessuno può permettersi il lusso di stare fuori dalla partita», ha aggiunto Anders con un implicito riferimento all’Italia, che finora ha fatto muro sul pagamento della sua quota.
Il leader dei laburisti olandesi Diederik Samsom — il suo è il partito principale della coalizione di governo — ha spiegato che in futuro si può pensare a rimpatriare i richiedenti asilo esclusi con i traghetti, rimpatriarli non nei paesi d’origine — essendo pochi e spesso solo bilaterali gli accordi con i paesi terzi per i rimpatri — ma in Turchia, «non appena la situazione dell’accoglienza ai rifugiati sia migliorata in quel paese».
Secondo Human Rights Watch attualmente non è assolutamente accettabile sotto il profilo igienico e dell’accesso a servizi fondamentali quali la sanità e l’istruzione di bambini e adolescenti e l’Europa «ha solo deciso di esternalizzare il problema in cambio di denaro».
Idem in Macedonia, secondo il ministro greco che ieri ha voluto ispezionare l’area di servizio a 20 km dalla frontiera di Idomene dove, tra le pompe di benzina, 2.500 persone si sono accampate in attesa di proseguire il viaggio.
La Turchia — tra l’altro nell’indice della corruzione precipitata al 66mo posto mentre Trasparency international, che compila la classifica, certifica come «si sta sempre più allontanando dagli standard europei», non è detto che resti a lungo paese di transito. L’Unhcr monitora la rotta del Mediterraneo centrale (Libia-Italia) come alternativa e oltre a quella adriatica esiste anche un incremento (relativo) sulla pista a nord, dalla Russia alla Finlandia.
Nel frattempo il governo olandese del signor Samsom ha deciso ieri di partecipare ai raid aerei sulla Siria. Per aiutare i fuggiaschi a casa loro, evidentemente.
Il commissario olandese Frans Timmemans sostiene che il 60 per cento delle persone che fuggono in Europa sono da classificare come «migranti economici» e in quanto tali da rimpatriare. Timmemans sostiene di estrapolare questo dato dai rilevamenti di Frontex ancora non resi pubblici. In realtà ieri è stato diffuso l’ultimo rapporto dell’Unhcr, l’agenzia Onu sui rifugiati, che prende in esame le segnalazioni di Frontex e quelle che arrivano da altri 67 partner, tra cui anche l’Organizzazione internazionale delle migrazioni.
L’Oim calcola che tra i richiedenti asilo arrivati in Europa attraverso la rotta balcanica (1,103 milioni nel 2015 e 55.652 nel gennaio 2016) il 94 per cento provenga da Siria (48,3%) Afghanistan (20%), Iraq, Iran e Pakistan. Frontex fa solo notare che negli ultimi mesi sono diminuiti progressivamente gli arrivi di siriani e aumentati quelli di iracheni (che tra l’altro in gran parte raggiungono la Turchia dall’Iran).
L’Ocse da parte sua fa notare che seppure è vero che le domande d’asilo nei paesi Ue sono quasi raddoppiate dal 2014 ad oggi, si tratta pur sempre di integrare lo 0,1% della popolazione dei paesi più industrializzati e meno dello 0,3 % dell’intera popolazione Ue. Per il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria «lontano dal rappresentare un problema, i rifugiati possono e devono essere parte della soluzione». Questa però sarebbe un’altra politica. Al momento l’Europa appare ancora più attratta dalla politica dei respingimenti e dei fili spinati.
Due numeri descrivono plasticamente la scelta: a fronte di 244 migranti morti o dispersi nei naufragi tra Grecia e Turchia nel 2016, quelli ricollocati attraverso le quote decise a novembre sono 416 persone (su 160 mila del piano A).
D’altra parte il vice cancelliere Sigmar Gabriel, anticipando il cuore del pacchetto di misure che il governo di Berlino varerà nei prossimi giorni, ha detto che i ricongiungimenti degli Asylanten con «protezione sussidiata» (che cioè non sono riusciti a provare di essere oggetto di persecuzioni nel paese d’origine) non possono accedere ai ricongiungimenti familiari. Il 20% dei siriani arrivati in Germania sono in questa situazione. Uomini soli, come quelli di Colonia.
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