I due volti di Teheran

by Franco Venturini, Corriere della Sera | 4 Gennaio 2016 10:49

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Offeso e provocato dall’esecuzione in Arabia Saudita del predicatore al Nimr, l’Iran sciita non sembra voler alimentare troppo lo scontro con i sunniti di Riad. L’assalto all’ambasciata saudita a Teheran è stato controllato e poi fermato e la rottura dei rapporti diplomatici tra i due Paesi è stata decisa per iniziativa saudita. La Guida suprema Alì Khamenei ha previsto una «vendetta divina» contro i Saud, formula perfetta per prendere tempo. Gli inviti alla moderazione provenienti dall’America e dall’Europa non sono stati respinti. Forse la potenza sciita teme quella sunnita? Sarebbe illusorio pensarlo. L’Arabia Saudita ha fatto le sue mosse, e se l’Iran non vuole (per ora) portare la tensione alle stelle è per due motivi precisi. Il primo nasce dalla lotta di potere interna in pieno svolgimento a Teheran. Il secondo risiede nella molteplicità di risposte possibili di cui dispone l’Iran nell’ambito della lotta all’Isis, in Siria e in Iraq.
Dopo la conclusione dell’accordo sui programmi nucleari iraniani nel luglio scorso, i più ottimisti pensarono che la prospettiva della revoca delle sanzioni avrebbe agevolato un processo di pacificazione politica a Teheran. Invece è accaduto che le profonde divisioni tra riformisti e conservatori, tenute a bada dall’ambiguità di Khamenei durante la trattativa con l’ex Satana americano e i suoi alleati, sono riesplose dopo l’intesa se possibile con ancor maggiore virulenza. La fazione moderata del presidente Rouhani è stata accusata di filo-occidentalismo. Una parte maggioritaria della società composta da giovani l’ha però sostenuta, accendendo ulteriormente lo scontro con i settori tradizionalisti guidati dai Pasdaran. Come altre volte la Guida suprema Khamenei ha allora usato i suoi poteri per congelare lo scontro ricordando implicitamente a tutti che l’Iran ha bisogno, se non vuole precipitare in una crisi economica ancor più grave, della fine delle sanzioni occidentali e di tornare a esportare liberamente il suo petrolio (con buona pace dei prezzi sul mercato, altro motivo di acredine verso l’Arabia Saudita). Un Paese che deve stare attento a non esplodere dall’interno non è nella posizione migliore per raccogliere la provocazione confessionale e strategica di Riad. Ha invece interesse a meditare con calma le sue rivincite, ma in realtà proprio le lotte interne potrebbero fornire nuove occasioni ai poteri iraniani più oltranzisti. Non a caso gli unici a chiedere un «castigo immediato» dell’Arabia Saudita sono stati prima i Guardiani della Rivoluzione e poi l’esercito regolare, confermando e allargando il tentativo non nuovo dei militari iraniani di accrescere il loro già notevole peso che riguarda anche settori chiave dell’economia. Khamenei dovrà continuare a mediare, e di nuovo non scontentare troppo gli uomini in divisa nel grande gioco mediorientale oggi dominato dalla guerra all’Isis e dal conflitto siriano. L’Iran è più intransigente della Russia nel sostenere lo sciita Assad a Damasco, e sarà difficile riportarlo, ammesso che ci sia mai riuscito, ad intavolare un vero dialogo con il fronte sunnita nell’ambito della prossima fase del «processo di Vienna». Reparti speciali iraniani operano in Siria assieme agli sciiti libanesi di Hezbollah, e sono stati a lungo, prima dei bombardamenti russi, il principale sostegno di Bashar al Assad. Inquadrate e guidate dagli iraniani sono anche le milizie sciite che si battono contro l’Isis in Iraq, ma il loro impiego viene limitato dal governo di Bagdad (per esempio a Ramadi) per evitare che dopo una vittoria, come è accaduto a Tikrit, scatti la caccia al sunnita.
Senza l’Iran o contro l’Iran, insomma, sarà molto difficile battere l’Isis e sarà impossibile pacificare la Siria. Il guaio è che lo stesso può essere detto dell’Arabia Saudita, e del rassemblement di gruppi sunniti che ha appena tenuto a battesimo. Ed è per questo che le conseguenze dell’uccisione di al Nimr possono riportare all’essenza, cioè alla lotta di predominio tra sunniti e sciiti, il fenomeno Isis e le guerre siriana e irachena .
Franco Venturini
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