Il futuro dell’auto è in condivisione presto le vendite Usa saranno dimezzate

by PAOLO GRISERI, la Repubblica | 12 Gennaio 2016 9:32

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DETROIT. Uno spettro si aggira per Detroit. Lo spettro di Las Vegas, della città dove la scorsa settimana sono stati presentati i modelli della “disruptive mobility”, le nuove auto iperconnesse e senza guidatore che in pochi anni cambieranno il nostro modo di spostarci. Sotto gli stucchi del Gem Theatre di Detroit, meravigliosa sala liberty di inizio Novecento, Brian Johnson, analista di Barclays, proietta una slide shock: nel 1920, meno di un secolo fa, i cavalli in Usa erano 25 milioni. Nel 1960 erano scesi a 3. La vecchia, cara automobile, farà la fine dei cavalli? Il salone che si è aperto ieri a Detroit sarà ricordato come una delle ultime fiere delle carrozze nella storia del trasporto?

Sergio Marchionne non ci crede: «Gli analisti ci hanno abituato a scenari che non si realizzano ». Poi però ammette: «Se cambierà il modo di utilizzare l’auto, verrà modificata anche la geografia della produzione». Perché se l’auto sarà sempre più condivisa, sempre più automatica fino ad eliminare il guidatore, se potremmo utilizzarla per andare al lavoro sapendo che può tornare da sola a casa e prendere nostro figlio che va a scuola, quell’auto sarà molto più utilizzata. E dunque ne serviranno molte di meno. Gli analisti come Johnson hanno simulato gli effetti sul mercato Usa: nella stima più prudente le vendite (che quest’anno sfiorano i 18 milioni) scenderanno drasticamente a 9,5 milioni. Ma ci sono scenari in cui crollano addirittura a 6,8. Pessime notizie anche in Europa: «È chiaro che la riduzione delle vendite inizierà prima nei grandi centri urbani e prima in America – dice Johnson – ma anche in Europa, dove le città sono più piccole e le persone sono più attaccate alla loro automobile, il processo sarà inevitabile».

Insomma, tempi duri per i produttori di auto: «Vorrà dire che quelli che sanno farle meglio si spartiranno quel che resta del mercato», prevede darwinianamente John Elkann. Marchionne concorda: «Sarà necessario ridurre la capacità produttiva installata. Come si vede, tutto va nella direzione delle fusioni tra costruttori». Poi l’ad invita al realismo: «Sarà, ma prima di arrivare al futuro dobbiamo risolvere il problema del presente, e cioè come pagare lo stipendio alle 300 mila persone che lavorano per noi».

Il presente è fatto di «un 2015 migliore delle nostre aspettative, eccezionale», garantisce Marchionne rimandando per i dettagli alla riunione del cda del 27 gennaio prossimo. Quando, promette, «non cambieremo i target finanziari del nostro piano 2014-2018». Potranno cambiare invece i target produttivi: Fca potrebbe rinviare il lancio di alcuni modelli Alfa e non raggiungere i 7 milioni di vendite previste. «Quel che conta sono gli obiettivi finanziari – sostiene l’ad – non come li raggiungo». La promessa è quella di azzerare in tre anni i debiti del gruppo (oggi a 7 miliardi) «e vedrete che ce le faremo nonostante quelli che Renzi chiama i gufi e che nel nostro caso ci dicono che non raggiungeremo mai i target. Abbiamo già compiuto imprese più difficili». Il riferimento ai gufi non riguarda solo lo scetticismo degli analisti o le critiche di parte sindacale in Italia: «I gufi sono globali», dice Marchionne prendendo a prestito la metafora renziana. Sono, pare di capire, i gufi di General Motors, quelli che non hanno creduto al possibile risanamento di Fca e hanno di fatto imposto una strada in due tappe: prima il risanamento dei conti del Lingotto, poi l’eventuale fusione. Implicitamente rinviando tutto al 2018, quando l’ad lascerà l’incarico: «In questi anni – scherza – è importante che io ripulisca la cucina per lasciarla a chi viene dopo di me». Una metafora da Masterchef che ben illustra lo stato d’animo dell’ad. La prospettiva è quella dei tempi medio lunghi, tre anni trascorsi a mettere i conti in ordine in vista di una fusione. Lavoro onorabilissimo e per niente facile con il quadro internazionale che cambia continuamente. Lavoro che probabilmente può fare solo lui.

Sapendo che, se ha ragione Johnson, tra non molti anni al posto di Marchionne in cucina potrebbe arrivare un robot o direttamente un fast food. O, più tradizionalmente, un manager di General Motors al momento della fusione.

 

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