Sui furbetti del cartellino tanto rumore per nulla
Riforma P.A.. In pochi giorni Renzi è passato dal licenziamento alla sospensione. Cgil e Fp Cgil: propaganda, ci sono norme che già tutelano la pubblica amministrazione.
E fu così che la carica contro i «furbetti del cartellino» partorì il topolino. Dopo giorni di furore contro «fannulloni» e «assenteiste», amplificato da talk-show Tv all’insegna del «dagli allo statale», il consiglio dei ministri ha licenziato un provvedimento che non licenzia gli assenteisti «entro 48 ore», ma li sospende dall’incarico e dalla retribuzione. Il licenziamento è rinviato di 120 giorni. Tanto può durare il «processo» al «furbetto» colto in castagna con il suo badge. Una marcia indietro in piena regola, nascosta da una reprimenda teatrale sulla «licenziabilità» dei dirigenti. Se l’illecito del dipendente non sarà denunciato, il «capo» rischia sanzioni, fino al licenziamento. Oggi è prevista la sospensione.
Le misure sono state illustrate ieri durante una conferenza stampa dal presidente del Consiglio Renziche, insieme ai ministri Madia e Giannini, ha presentato il concorso della scuola e undici decreti in attuazione delle legge delega sulla Pubblica amministrazione. «Se ti becco te ne vai — ha detto Renzi con piglio manageriale — entro 48 te ne vai a casa, sospendendoti, e poi 30 giorni per chiudere il procedimento».
«Tanto rumore per nulla — commentano la Cgil e la Fp Cgil — in attesa di leggere i testi questo è un passo indietro. Si è passati dal licenziamento in tronco alla sospensione. Cose che si sarebbero potute fare attraverso una semplice circolare interna». Per il sindacato le norme esistenti già permettono di intervenire contro il «deprecabile fenomeno dell’assenteismo ingiustificato». «Sarebbe bastato fornire alle parti datoriali delle semplici e vincolanti indicazioni» ribadisce il sindacato. «Licenziare dalla P.A. è possibile, come dimostrano i casi di Sanremo e Tolmezzo, risolto in pochi giorni». Il governo ha invece preferito montare un caso ad arte, finendo per alimentare il vero male della burocrazia italiana: l’elefantiasi normativa. Invece di fornire semplici circolari ai sindacati, all’Aran, ora gli uffici dovranno recepire le nuove e fantasiose regole concepite da Renzi per parlare alla «pancia del paese». Un altro caso di normazione populistica basata sulla «percezione» del consenso da parte della politica e dei media. Lo stesso è accaduto quando Alfano ha escluso di abolire il reato di immigrazione clandestina di cui riconosce l’inutilità (ma non la crudeltà).
Più di un dubbio su un altro dei provvedimenti del Cdm: il taglio monstre delle società partecipate da ottomila a mille. La prima tornata di tagli dovrebbe porterà alla chiusura di 2-3mila enti, a partire da quelli famosi (ma ancora, evidentemente vivi e vegeti) che hanno più membri di Cda che dipendenti. A vigilare sui tagli sarà posto un entità istituita appositamente. La minestra riscaldata dei tagli agli «enti inutili» è stata di nuovo servita dai tempi di Cottarelli. Cgil e Fp Cgil lanciano un allarme: «Il decreto presenta un’inquietante analogia con la vicenda caotica e tutt’altro che risolta dell’abolizione delle province». Non è chiaro, infatti, come il governo possa determinare una riduzione delle società da ottomila a mille. Fin’ora il piano di Cottarelli non è mai stato reso pubblico e, nel frattempo, il governo ha perso uno dei gemelli alla spending review: il fido Yoram Gutgeld (Pd) è stato lasciato solo da un deluso Roberto Perotti. «È palese il rischio che 100 mila lavoratori di partecipate che non siano Spa o Srl si troveranno senza lavoro». La propaganda di Renzi ha oscurato il destino incerto di questi lavoratori.
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