Primo sì al ddl Cirinnà

by Carlo Lania, il manifesto | 3 Febbraio 2016 8:41

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Il primo passo è fatto, ma la strada è ancora tutta in salita. L’aula del Senato ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità avanzate dal centrodestra insieme al tentativo di rimandare il ddl Cirinnà sulle unioni civili in commissione Giustizia, cosa che avrebbe rischiato di impantanare la legge ancora per molti mesi. Pd, M5S, Sinistra italiana e verdiniani hanno votato insieme dando vita a una nuova maggioranza, ma la cosa importante è che il Pd ha respinto al mittente l’offerta, fatta in mattinata da Angelino Alfano, di un voto a favore del ddl in cambio della cancellazione di ogni analogia con il matrimonio e di uno stralcio della stepchild adoption.

Un tentativo del Ncd di ritrovare un ruolo in una partita in cui ormai sembra tagliato fuori, ma anche di dare una risposta alla piazza del Family Day che preme per bloccare la legge. Proposta che il ministro degli Interni (che in sertata ha partecipato a una riunine del gruppo al Senato) ha avanzato anche ieri sera, dopo il voto dell’aula. Senza però ottenere ascolto: «Nessuno stralcio della stepchild adoption», hanno ribadito dal Pd. Concetto ribadito con toni più moderati anche dal capogruppo al Senato. «Tenendo conto degli emendamenti Lumia mi sembra che ogni sovrapposizione tra unioni civili e matrimonio sia superata», ha detto Zanda. «Sulle adozioni bisogna avere molta prudenza. Non solo perché sono in gioco gli interessi del bambino figlio di uno dei due partner, ma anche perché dobbiamo tenere conto delle chiare indicazioni della Corte costituzionale, della Corte europea e della giurisprudenza della magistratura ordinaria». E uno stop a ulteriori mediazioni è arrivato ieri anche dall’ex relatrice del ddl Monica Cirinnà, per la quale il testo in discussione «è già una sintesi moderata, altre mediazioni potrebbero favorire discriminazioni».

Ma quella che si gioca sulle unioni civili è una partita che è appena all’inizio. La discussione generale sul ddl, cominciata ieri, andrà avanti almeno fino a martedì, giorno in cui dovrebbe cominciare il voto sugli emendamenti. E in questa settimana potrebbe ancora accadere di tutto. Lega e Pd, che avevano annunciato un accordo per ridurre l’ostruzionismo al testo in cambio del ritiro del super-canguro, lo strumento che permette di eliminare gli emendamenti, non si fidano l’uno dell’altro e non hanno fatto niente. In particolare il Pd teme possibili colpi di mano da parte del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, che a sua volta aspetta di vedere cancellato il super-canguro.

Ma le incognite maggiori sono altre, e riguardano le divisioni ancor presenti nel Pd e la decisione del presidente Grasso su quanti voti segreti ammettere. Per quanto riguarda il partito del premier dire che le acque sono ancora agitate è dire poco. Il nodo è sempre la stepchild adoption, che la componente cattolica vorrebbe cancellare dal testo. Basta ipocrisie», è scattato ieri il senatore Stefano Lepri, tra i cattodem tra i più attivi nel chiedere di modificare il ddl. «Anche oggi abbiamo sentito argomentazioni per le quali il tema della maternità surrogata non si pone, essendo già vietata in Italia. Si continua così a chiudere gli occhi sul fatto che si va a farla all’estero». L’adozione del figlio del partner sarà uno dei punti su cui l’ala cattolica darà battaglia nella riunione del gruppo prevista per martedì prossimo nella quale verrà anche deciso su quali articoli del ddl lasciare libertà di coscienza. E quasi sicuramente la scelta riguarderà gli articoli 3 e 5 nei quali è prevista l’adozione.

Tensione, infine, anche per quanto riguarda il voto segreto. Le richieste avanzate fino a oggi sarebbero diverse decine e spetterà al presidente Grasso decidere quali ammettere e quali no. Un passaggio che i sostenitori delle unioni civili temono in modo particolare, visto che anche un ridotto numero di voti segreti sarebbe sufficiente a snaturare la legge. Pd e M5S spingono perché si proceda a voto palese, ma è sufficiente che la richiesta venga avanzata da 20 senatori. Il che rende quella sulle unioni civili una partita nella mani di Grasso.

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