Il Muro dell’Est

by Maria Serena Natale, Corriere della Sera | 16 Febbraio 2016 9:17

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Il fronte Est si compatta, la prospettiva di una politica europea coordinata sull’immigrazione si allontana. A pochi giorni dal Consiglio Ue che giovedì e venerdì discuterà di rifugiati e Brexit, i leader del Gruppo di Visegrád si sono riuniti a Praga allargando il tavolo a Bulgaria e Macedonia. Ironie della storia. Visegrád era la santa alleanza nata nel 1991 per tracciare una via comune dell’ex blocco sovietico all’integrazione comunitaria. Oggi i premier di Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca serrano i ranghi sotto leadership di segno sempre più autoritario — Budapest e Varsavia — in opposizione alle aperture tedesche sulla crisi dei rifugiati e al programma di redistribuzione dei richiedenti asilo sostenuto da Bruxelles.
Il nuovo muro
«La Grecia ha fallito nella difesa dei confini Schengen dall’immigrazione di massa, quindi dobbiamo attuare un piano B con la costruzione di un muro a Sud» dichiara il premier ungherese Viktor Orbán. La nuova barriera dovrebbe sigillare le frontiere di Macedonia e Bulgaria per frenare gli ingressi dalla Grecia e limitare il flusso che risale i Balcani verso il Nord, nel caso in cui Atene non rispettasse l’ultimatum di tre mesi lanciato dalla Ue: rafforzamento dei confini esterni o sospensione dell’area di libera circolazione di Schengen. Sarà uno dei temi al centro del vertice dei leader dell’Unione, per questo il governo ellenico di estrema sinistra guidato da Alexis Tsipras accelera sull’attivazione degli hotspot, i centri per la registrazione dei migranti: quattro sui cinque promessi (e a lungo rinviati) apriranno domani, resta in sospeso quello dell’isola di Kos dopo le proteste del weekend disperse dalla polizia con i lacrimogeni. In Grecia è massima tensione, nel pieno delle verifiche dei creditori internazionali sulle riforme imposte dal terzo salvataggio. Il blocco dei confini aumenterebbe la pressione sulle rotte alternative, in primis il corridoio mediterraneo verso l’Italia favorito dal miglioramento delle condizioni meteo. A Berlino non piace il progetto di Visegrád: meglio rafforzare la rete degli hotspot e puntare sul piano di cooperazione da tre miliardi di euro con la Turchia.
Le forze
Alla fine dell’estate scorsa, all’apice dell’emergenza, Orbán aveva fatto da apripista alzando barriere di filo spinato ai confini con Serbia e Croazia, rivendicando al Centro-Est il ruolo di bastione a difesa della cristianità dalla minaccia islamica — e formalizzando la strumentale sovrapposizione tra terrorismo e immigrazione che macina consensi e tiene bassi i numeri dell’accoglienza nella regione. Così in Polonia la premier Beata Szydlo rivede al ribasso gli obiettivi del governo liberale mandato a casa in autunno: da 7 mila a 400 immigrati ammessi per i prossimi due anni. In Slovacchia a marzo si vota e l’esecutivo uscente scommette sulla sicurezza. Ieri il premier socialdemocratico Robert Fico ha ribadito l’urgenza di «investire sulla protezione della frontiera che separa la Grecia da Macedonia e Bulgaria» con l’invio di uomini e mezzi che si aggiungerebbero alle forze di polizia già sul posto. In contemporanea con il vertice di Praga, la Commissione europea ha annunciato lo stanziamento di dieci milioni di euro di aiuti alla Macedonia: fondi destinati alle operazioni di controllo, «non alla chiusura delle frontiere» precisano da Bruxelles. Estremo tentativo di prevenire fughe in avanti.
Il negoziato
Partita doppia. In queste ore procede l’offensiva diplomatica congiunta del premier britannico David Cameron e del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, polacco ed ex leader del centro-destra liberale rivale dei nazional-populisti di Jaroslaw Kaczynski tornati al potere. Dopo il giro delle capitali orientali, Cameron ieri è volato a Parigi per strappare il sostegno del presidente François Hollande alla bozza di accordo che dovrebbe tenere Londra nella Ue in cambio di maggiore autonomia e ridotti benefici sociali per i lavoratori immigrati. Anche Tusk ieri era a Parigi, prima di partire per il tour promozionale tra Berlino, Praga e Bucarest. Il Centro-Est si è ritagliato un ruolo cruciale nella trattativa che entra nella fase finale. Ha ottenuto garanzie per gli immigrati dall’Est già presenti nel Regno Unito. Per tendere la mano a Londra, vuole di più.
Maria Serena Natale
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