Il diritto a non essere connessi. Per legge
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Il diritto a non essere connessi. È previsto in un progetto di legge del governo francese che intende inserirlo nel Codice del lavoro. Niente più mail una volta usciti dall’ufficio. Per assicurare «il rispetto dei tempi di riposo e di ferie». I precedenti vengono tutti dalla Germania dove, nel 2011, uno stabilimento della Volkswagen decise di spegnere i server delle mail. Esempio seguito da altre aziende.
PARIGI Il «diritto alla disconnessione» digitale potrebbe venire presto riconosciuto nel Codice del lavoro francese. Lo prevede, all’articolo 24, il progetto di legge della ministra El Khomri, che vuole garantire l’esercizio reale del diritto al riposo e sostenere un buon equilibrio tra lavoro e vita privata contro l’abuso di email e Internet per motivi professionali. Non ci sono ancora le misure concrete, che nel progetto di legge vengono affidate alle trattative nelle imprese per assicurare «il rispetto dei tempi di riposo e di ferie».
Il problema delle email al di fuori dell’orario di lavoro si pone da anni, e quando mesi fa Parigi ha cominciato a occuparsene ha fornito il pretesto per il consueto sarcasmo dei media anglosassoni, che amano dipingere la Francia come il Paese del savoir vivre , delle 35 ore e della moderata voglia di lavorare. In realtà il primo caso di regolamentazione è quello di Volkswagen, che nel 2011 in uno stabilimento tedesco decise di spegnere i server delle email mezz’ora dopo la fine dell’orario di lavoro per riaccenderli mezz’ora prima dell’inizio. Esempio seguito dalla concorrente Bmw e da altre grandi aziende come Deutsche Telekom, Eon e Henkel, che hanno introdotto norme per limitare la tendenza all’ always on , l’essere in ogni momento sollecitati, anche solo controllando le email e facendo una selezione tra quelle davvero urgenti e le altre che possono aspettare.
La questione anche in Francia è stata già affrontata in alcune aziende come Areva, Axa France, La Poste o Orange, e un anno fa le associazioni degli industriali Syntec (ingegneria) e Cinov (studi di consulenza) hanno firmato un accordo con i sindacati Cfdt e Cgc per riconoscere ai quadri il diritto alla disconnessione. La novità è che la ministra del Lavoro vuole rendere queste pratiche obbligatorie, dando tempo fino al 31 dicembre 2017 perché le aziende trovino accordi con i dipendenti.
Il progetto di legge si fonda sul rapporto presentato nel settembre scorso da Bruno Mettling, vicedirettore generale di Orange. «Il diritto a staccare deve essere riconosciuto e completato dal dovere di disconnessione — dice Mettling —. L’essere sempre collegati rappresenta un rischio per la salute dei dipendenti. Quelli che rispettano l’equilibrio tra lavoro e vita privata sono molto più produttivi degli altri», sostiene Mettling.
La disconnessione forzata sembra però rispondere alla vecchia immagine del datore di lavoro che fornisce al dipendente il telefonino per poterlo raggiungere sempre.
L’iper connessione da tempo non riguarda più solo le email di lavoro. Il sovraccarico di informazioni e stimoli va al di là dell’indirizzo di posta elettronica aziendale. «Nate con i social network, le giovani generazioni non si connettono più: vivono connesse, e considerano la disconnessione imposta come un insopportabile paternalismo», scrive su Le Monde Jean-Emmanuel Ray, docente di diritto alla Sorbona. Non è detto che sia un bene, ma ovunque il confine tra vita privata e professionale tende a essere meno rigido. Anzi, secondo la nozione di Digital Labor coniata da Trebor Scholz è il privato, vissuto online, a diventare un lavoro non retribuito che va a vantaggio dei Gafa (Google, Apple, Facebook, Amazon). In questo scenario, proibire le email fuori dell’orario di lavoro rischia di essere una misura obsoleta.
Stefano Montefiori
Il problema delle email al di fuori dell’orario di lavoro si pone da anni, e quando mesi fa Parigi ha cominciato a occuparsene ha fornito il pretesto per il consueto sarcasmo dei media anglosassoni, che amano dipingere la Francia come il Paese del savoir vivre , delle 35 ore e della moderata voglia di lavorare. In realtà il primo caso di regolamentazione è quello di Volkswagen, che nel 2011 in uno stabilimento tedesco decise di spegnere i server delle email mezz’ora dopo la fine dell’orario di lavoro per riaccenderli mezz’ora prima dell’inizio. Esempio seguito dalla concorrente Bmw e da altre grandi aziende come Deutsche Telekom, Eon e Henkel, che hanno introdotto norme per limitare la tendenza all’ always on , l’essere in ogni momento sollecitati, anche solo controllando le email e facendo una selezione tra quelle davvero urgenti e le altre che possono aspettare.
La questione anche in Francia è stata già affrontata in alcune aziende come Areva, Axa France, La Poste o Orange, e un anno fa le associazioni degli industriali Syntec (ingegneria) e Cinov (studi di consulenza) hanno firmato un accordo con i sindacati Cfdt e Cgc per riconoscere ai quadri il diritto alla disconnessione. La novità è che la ministra del Lavoro vuole rendere queste pratiche obbligatorie, dando tempo fino al 31 dicembre 2017 perché le aziende trovino accordi con i dipendenti.
Il progetto di legge si fonda sul rapporto presentato nel settembre scorso da Bruno Mettling, vicedirettore generale di Orange. «Il diritto a staccare deve essere riconosciuto e completato dal dovere di disconnessione — dice Mettling —. L’essere sempre collegati rappresenta un rischio per la salute dei dipendenti. Quelli che rispettano l’equilibrio tra lavoro e vita privata sono molto più produttivi degli altri», sostiene Mettling.
La disconnessione forzata sembra però rispondere alla vecchia immagine del datore di lavoro che fornisce al dipendente il telefonino per poterlo raggiungere sempre.
L’iper connessione da tempo non riguarda più solo le email di lavoro. Il sovraccarico di informazioni e stimoli va al di là dell’indirizzo di posta elettronica aziendale. «Nate con i social network, le giovani generazioni non si connettono più: vivono connesse, e considerano la disconnessione imposta come un insopportabile paternalismo», scrive su Le Monde Jean-Emmanuel Ray, docente di diritto alla Sorbona. Non è detto che sia un bene, ma ovunque il confine tra vita privata e professionale tende a essere meno rigido. Anzi, secondo la nozione di Digital Labor coniata da Trebor Scholz è il privato, vissuto online, a diventare un lavoro non retribuito che va a vantaggio dei Gafa (Google, Apple, Facebook, Amazon). In questo scenario, proibire le email fuori dell’orario di lavoro rischia di essere una misura obsoleta.
Stefano Montefiori
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