Voto in Irlanda, cresce il Sinn Féin di Gerry Adams

Voto in Irlanda, cresce il Sinn Féin di Gerry Adams

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LONDRA «Addio amici». Il commiato ai centristi e ai laburisti irlandesi, Gerry Adams lo ha dato con un sorrisino gelido nelle battute conclusive della campagna elettorale e poco prima del voto di ieri per il rinnovo del parlamento di Dublino che si annuncia importante perché un Paese uscito dalle rovine della crisi finanziaria ha ora un’economia col motore a mille (più 7% del Pil), ma si ritrova con la prospettiva della ingovernabilità. E l’exit poll della notte conferma: crollo della coalizione di maggioranza (insieme, Fine Gael e laburisti, sono al 34%), crescono molto i nazionalisti del Sinn Féin (al 15) e gli indipendenti anti austerità (al 16). Il centrodestra del Fianna Fail è al 22. Frammentazione.
In quella battuta c’è tutto il personaggio Adams. L’indipendentista repubblicano e il guerrigliero poi pacifista, per i tanti seguaci che ha. L’ex terrorista dell’Ira e ambiguo manovratore di torbide manovre, per gli avversari di ieri e di oggi. Che lo temono e lo detestano ritenendo che siano bugie i suoi ripetuti giuramenti di non essere mai stato parte attiva dei gruppi armati dell’Ira.
Comunque, un leader politico forte e controverso che dagli anni Sessanta impugna la bandiera dell’Irlanda unita, il Nord di Belfast e il Sud di Dublino, contro Londra, contro la monarchia Windsor e anche contro i partiti tradizionali che guidano la tigre celtica o che l’hanno guidata (fino al 2011 il centrodestra del Fianna Fail, successivamente i centristi del Fine Gael coi laburisti) e che vuole cacciare all’opposizione o quanto meno ridimensionare, rimescolando le carte, rendendo problematica la formazione di un esecutivo, proprio nel centesimo anniversario della Rivolta di Pasqua che in seguito generò la Repubblica. Un uomo moderato o un irriducibile rivoluzionario?
Da semiclandestino fiancheggiatore dell’Ira ai tempi dei Troubles a decisivo e coraggioso negoziatore con Tony Blair, da rappresentante di Belfast, eletto (dopo la pace) a Westminster dove per altro mai è andato a occupare lo scranno (perché tale è la scelta dei nazionalisti nordirlandesi) a membro del Parlamento della Repubblica d’Irlanda, opzione esercitata per mettere a tacere chi lo accusava di essere più sensibile al Nord autonomo ma britannico che al Sud celtico separato. Gerry Adams è il capo indiscusso del Sinn Féin, «Noi stessi» in lingua gaelica o «Solo noi» con una interpretazione non letterale, il movimento che assieme agli indipendenti «dai partiti» (non gli indipendentisti) di Shame Ross, la novità che raggruppa delusi di destra e delusi di sinistra, può affossare la bipolarità centrodestra-laburisti nonché la stabilità irlandesi.
Nel 2011, il Sinn Féin prese il 9,9 per cento e 14 seggi. Gli exit poll, posto che siano attendibili, suggeriscono che raddoppierà. «Addio amici». E, se così fosse, con l’editorialista Shame Ross leader dell’Alleanza Indipendente, che di consensi pare destinata a prenderne parecchi (il 16%) e persino di più del Sinn Féin, diventerà la spina nel fianco o l’ago della bilancia di qualsiasi futuro governo o coalizione. È il fronte dell’anti austerità che terrà tutti sul chi va là nell’Irlanda del secondo miracolo, costruito col salvataggio europeo da 67,5 miliardi di euro e con una ricetta di tasse e tagli alla spesa da lacrime e sangue (sostenuta dall’alleanza fra centristi del premier Enda Kenny fermo al 26 e laburisti quasi ridotti all’osso), causa della rivolta nell’urna e della probabile frammentazione.
C’è chi paragona Gerry Adams a Nelson Mandela. E sconfina nell’eccesso. Ma un ruolo decisivo nella pacificazione Gerry Adams l’ha avuto, tanto che il principe Carlo, il cui prozio e mentore al quale era affezionatissimo fu ucciso dall’Ira, gli ha di recente stretto la mano. Ma è una figura controversa. Nel 2015 la polizia lo ha fermato per 4 giorni per interrogarlo sulle accuse e sui sospetti lanciati dai familiari degli ex simpatizzanti dell’Ira massacrati e fatti sparire in quanto all’epoca ritenuti collaborazionisti di Londra. Una pagina dei Troubles che resta da scoprire e scrivere. Una cosa è certa: dal nazionalismo in armi degli anni Settanta al fronte anti austerità nelle elezioni per il parlamento, Gerry Adams non abdica mai. Anzi, rilancia. Fra luci e ombre .
Fabio Cavalera


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