Cadavere in un fosso al Cairo, forse è Giulio Regeni

Cadavere in un fosso al Cairo, forse è Giulio Regeni

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È stato ritrovato in un fosso della periferia del Cairo il corpo di un giovane straniero. Tutto fa pensare che si tratti del cadavere di Giulio Regeni, il dottorando italiano scomparso la notte del 25 gennaio scorso. Si tratterebbe di un epilogo tragico in circostanze tutte da verificare.

Il caso Regeni era partito già nel peggiore dei modi. La Farnesina aveva diffuso la notizia solo una settimana dopo la sua scomparsa e quando la famiglia aveva già raggiunto la capitale egiziana.

È molto difficile ricostruire le ultime ore di Giulio. Secondo le ricostruzioni della stampa locale, la sera del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, Giulio avrebbe dovuto raggiungere suoi amici per una festa di compleanno. Partito dalla fermata Behoos, nel quartiere centrale di Doqqi a due passi dal Nilo, Giulio si sarebbe diretto verso Meidan Bab el-Louk. Su questo tragitto non si hanno conferme ufficiali.

Due sono le testimonianze citate dalla stampa egiziana, quella di alcuni suoi amici che non lo hanno visto arrivare all’appuntamento e hanno lanciato l’allarme. Sulle circostanze dell’arresto, l’unica testimonianza che è stata citata da fonti non ufficiali viene da una giornalista egiziana che avrebbe visto uno straniero mentre veniva arrestato dalla polizia in zona Giza, quindi qualche fermata della metro più avanti rispetto alla presunta meta di Giulio.

A questo punto cala il mistero sulla scomparsa del dottorando dell’Università di Cambridge, che ha subito ottenuto il sostegno umano e via social network di compagni e amici.

Se questa ricostruzione venisse confermata i primi responsabili della tragica fine del giovane potrebbero essere i poliziotti che lo hanno arrestato.

Ad avvalorare questa ipotesi non solo c’è la testimonianza citata ma la data del 25 gennaio. Un giorno evocativo per la storia egiziana recente. Nel 2011 centinaia di migliaia di persone di erano raccolte in piazza Tahrir per chiedere la fine del regime di Mubarak. Per il quinto anniversario, il regime militare di al-Sisi aveva allertato la polizia ai massimi livelli per impedire qualsiasi protesta procedendo ad arresti sommari.

Nella nota diffusa dalla Farnesina, si chiede alle autorità egiziane «il massimo impegno per l’accertamento della verità e dello svolgimento dei fatti, anche con l’avvio immediato di un’indagine congiunta con la partecipazione di esperti italiani».

In verità il governo italiano, dal giorno del golpe militare di al-Sisi del 3 luglio 2013 è diventato il principale sostenitore della repressione egiziana.

Questo ha azzerato qualsiasi aspirazione democratica e ha diffuso un sentimento di xenofobia che ha colpito tutti gli stranieri a partire dai profughi siriani e palestinesi che hanno visto stracciati i loro documento e fino a giornalisti e studiosi stranieri, minacciati o arrestati al loro arrivo al Cairo.

Per i compagni e gli amici si tratta di una perdita enorme.

Giulio era uno dei più brillanti studiosi dell’Università di Cambridge. Si era occupato a lungo di sindacalismo indipendente. A 17 anni era andato a studiare in New Mexico per poi trasferirsi in Gran Bretagna.

Nel 2012 e nel 2013 ha vinto due premi al concorso internazionale dell’Istituto regionale studi europei per ricerche e approfondimenti sul Medio Oriente.



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