Frontiere d’Italia

by PAOLO BERIZZI, la Repubblica | 21 Febbraio 2016 18:07

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 BRENNERO La Lampedusa del Nord, come la chiamano enfaticamente i leghisti, gli unici a favore del filo spinato austriaco, è sotto assedio. Ma oggi a “incatenare” il confine del Brennero sono le braccia della solidarietà, dell’accoglienza, del libero scambio: seicento braccia – 300 persone – a formare una catena umana al confine tra Italia e Austria per dire no alla “stretta” di Vienna. Che detta in modo più prosaico sarebbe la recinzione che verrà tirata su salvo ripensamenti – entro primavera qui al Brennero. Lo stesso filo spinato eretto dagli austriaci a Spielfeld, sul confine sloveno, per bloccare i profughi in fuga da guerre e miseria.
Eccola, adesso, la sollevazione umanitaria di chi quel muro geografico lo rifiuta. Sono arrivatiquassù alle 11, a cinque gradi sotto lo zero, i “no filo”. «Con queste temperature come fai a non accogliere dei profughi?» dice un operatore della Caritas. In effetti il clima fa molto. Regola, forse, anche la partecipazione alla catena. Ma il valore simbolico è enorme, ed è quello che contava in questo momento cruciale per l’identità stessa dell’Europa.
Dice Giovanni Pederzini, assessore alla cultura e alla scuola italiana del Brennero: «Nel ‘99 abbiamo tolto le sbarre al confine, e adesso cosa facciamo, ritorniamo indietro? Il problema dei rifugiati non lo risolvi in questo paese. Lo risolvi alla fonte…E comunque spero che Bruxelles faccia valere il suo peso e l’Austria ci ripensi». Da ripensare per ora c’è pochino: molto è lasciato all’immaginazione per quello che potrà essere tra tre mesi e mezzo. All’effetto della linea dura calata da Vienna: «Respingimenti alle frontiere esterne dei cittadini di Paesi terzi che non soddisfano le condizioni d’ingresso o che non abbiano presentato domanda d’asilo pur avendo avuto la possibilita ».
Il muro del Brennero. Solo a pronunciarlo viene da sorridere. Immaginate un paese a forma di valico: il Comune ha 2.500 abitanti e il suo cuore in un paesino dove vivono appena 250 persone. Lo stesso numero dei residenti italiani (gli stranieri sono 350) che una volta erano il 70% della popolazione e oggi sono il 10%. Una volta Brennero voleva dire ferrovia, oggi, nell’era congestionata del trasporto su gomma, vuol dire camion. E questa dovrebbe essere la barriera alle invasioni dei migranti siriani, iracheni, curdi, nordafricani? «È ancora tutto da dimostrare che i profughi arriveranno qui», ragiona Paolo Valente della Caritas mentre un gruppo di musicisti sceso da Innsbruck intona musiche etniche per riscaldare i corpi intirizziti dei manifestanti. Si sono riuniti dietro lo slogan “Il Brennero che unisce” e hanno composto una catena umana fatta di molte anime, anche diversissime tra loro. C’è il Pd, promotore dell’iniziativa, ci sono i Verdi e associazioni tra cui Pax Christi e Acli. C’è anche – ed è la vera notizia politica della giornata – Svp. Sacrilegio: chi mai avrebbe pronosticato che un giorno i popolari sudtitolesi della “Stella alpina” si sarebbero messi in rotta di collisione con l’Austria? Tutte da interpretare le parole di Philipp Achammer, capo del Svp. «Vienna è stata poco sensibile con noi…».
Ti spiegano che le misure austriache «sono la tomba del trattato di Schengen» e pure dell’Euregio (l’euroregione Tirolo-Alto Adige-Trentino, un’entità oggettivamente non proprio palpabile). In realtà l’idea che sta alla base della variegata catena umana del Brennero è una maionese fatta di tante cose non proprio allineate: il senso della solidarietà umana dell’accoglienza; la real politik ovvero la convenienza economico- commerciale dello scambio Italia Austria; la paura, infine, che la ricaduta in termini sociali di questa partita possa tradursi in un riversamento di profughi sul nostro paese (ipotesi sulla quale ha esternato ieri il capo della polizia, Alessandro Pansa: «Se la decisione dell’Austria di limitare gli accessi di migranti dovesse favorire il flusso verso l’Italia, siamo pronti a gestirlo e ad affrontarlo »). Mirko Benetello è vicedirettore di Confesercenti Bolzano: «Contrario a ogni barriera. Il primo pensiero è l’aspetto umano per i rifugiati. Poi c’è l’aspetto commerciale. La nostra è un’economia di frontiera. Al Brennero c’è un mercato commerciale tra i piu interessanti della storia, con 120 ambulanti che salgono la Bolzano. Se controllano le auto e creano incolonnamenti, il mercato è morto». I numeri dell’accoglienza (che finisce) Vienna li ha già snocciolati con il cancelliere Werner Faymann: 90 mila richiedenti asilo accolti nel 2015 e altri 37.500 previsti per il 2016. Bolzano (provincia) e il Tirolo rispondono con, rispettivamente, 1000 e 6000 profughi. Tanto basta ai consiglieri provinciali verdi Hans Heiss, Brigitte Foppa e Riccardo Dello Sbarba per gridare il loro no al “filo” e chiedere che l’Alto Adige rafforzi l’assistenza diurna e preveda la possibilità di alloggio per i profughi respinti. «Per la nostra Provincia – spiegano – non c’è motivo di allarmismo, ci vuole però una maggiore attenzione, abilità di contrattazione e gestione più efficiente».
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