Sanità e tangenti, agli arresti anche un fedelissimo di Maroni

MILANO La lingua batte dove il dente duole. E la magistratura anche. La sensazione è che sia sufficiente puntare gli occhi sulla sanità lombarda (la cui gestione interessa l’80% del bilancio regionale) per scoperchiare un sistema marcio che da sempre si regge sulla commistione affaristica tra politica e sanità. Imprenditori e politici. Li arrestavano ieri, li arrestano oggi. L’accusa è sempre la stessa: corruzione. In questo caso il gip di Monza, su richiesta della Procura, ha emesso ventuno ordini di custodia cautelare (nove in carcere, sette ai domiciliari e cinque con obbligo di firme) per i reati di “associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbata libertà degli incanti e riciclaggio”. Le indagini sono durate due anni e si sono concentrare su un giro d’affari di circa 400 milioni di euro.
Questa volta a finire in manette — oltre ai soliti comprimari e maneggioni del sistema clientelare — è il numero uno della sanità lombarda della Lega Nord. Si chiama Fabio Rizzi, uomo vicinissimo al governatore della Regione Lombardia cui è stata affidata la presidenza della Commissione regionale della Sanità. Una carica dovuta visto che Fabio Rizzi, medico anestesista ed ex senatore del Carroccio, è considerato il padre della nuova riforma della sanità lombarda che è stata approvata lo scorso agosto. Tra gli altri arresti eccellenti, anche quello dell’imprenditore Valentino Longo (le mogli di Rizzi e Longo sono finite ai domiciliari in quanto intestatarie del 50% delle quote di alcune società odontoiatriche che sarebbero state avvantaggiate in gare di appalti pubblici per la gestione di alcuni servizi). Secondo gli inquirenti, l’impresa che avrebbe tratto più vantaggi è l’Odontoquality dell’imprenditrice Maria Paola Canegrati, un’azienda che si occupa di servizi e forniture dentistiche per diverse strutture lombarde.
Per Roberto Maroni (e per Matteo Salvini) è un colpo durissimo, anche sul piano personale. Ma questo non significa, come chiedono le opposizioni al Palazzo della Regione, che la nuova bufera giudiziaria si tradurrà in una crisi politica per i vertici del Carroccio. “Sono molto incazzato per quello che è successo, fermo restando la presunzione di innocenza e la fiducia nella magistratura”, con queste parole ha esordito ieri Roberto Maroni dopo aver trascorso una lunga mattinata in silenzio. Il governatore si è detto “stupito” e “deluso” per le accuse nei confronti del suo amico, anche se “noi siamo parte offesa e ci costituiremo subito parte civile”.
La sua difesa, prevedibile e disarmante, non lascia spazio ad eventuali terremoti politici, anche se le opposizioni stanno preparando l’ennesima mozione di sfiducia per la giunta di centrodestra che governa la Lombardia: “Questa vicenda che mi ha ferito personalmente per i rapporti che avevo con Fabio Rizzi mi dà la forza per intensificare l’azione di governo nel settore e continuare a fare quello che abbiamo fatto dall’inizio della legislatura per garantire la piena e totale trasparenza e garantire le regole, quello che ho voluto fare con la riforma. Non copriamo nessuno, chi ha sbagliato pagherà”. Matteo Salvini questa volta è meno baldanzoso del solito, a caldo regala tre riflessioni: “Chi sbaglia davvero non merita la Lega, spero che le accuse si rivelino una bufala, spero che alcuni magistrati non siano in campagna elettorale”. Quindi, tra delusioni personali e reprimende a chi sbaglia, i vertici della Lega hanno già scaricato il pupillo Fabio Rizzi. Anche ufficialmente, con la sospensione dal partito avvenuta in serata.
L’indagine, denominata “Smile”, ha ricostruito un meccanismo truffaldino tanto banale quanto diffuso: un gruppo di imprenditori si sarebbe aggiudicato gare d’appalto ritagliate su misura con la complicità di undici funzionari pubblici corrotti, in particolare per la gestione di ambulatori odontoiatrici. A capo del gruppo ci sarebbe l’imprenditrice Maria Paola Canegrati che avrebbe pagato alcuni funzionari — tra cui Fabio Rizzi e Mario Longo — per ottenere appalti milionari (in particolare una gara da 45 milioni bandita dagli Istituti Clinici di Perfezionamento nel 2015 e una da 10 milioni bandita nel 2014 dall’Ospedale di Circolo di Busto Arsizio). Per la procura di Monza i due avrebbero ricevuto finanziamenti per la campagna elettorale e anche una tangente da 50 mila euro.
“Rizzi arrestato, Maroni a casa!”, ha scritto Beppe Grillo su twitter. Logica vorrebbe, ma ancora una volta non funziona così (altrimenti i lombardi non avrebbero dovuto sopportare il “ventennio” di Formigoni). Lo sanno anche le opposizioni che adesso chiedono l’impossibile. “Caro Salvini questa purtroppo è la Lombardia della Lega — scrive il Prc — cosa ci vuole ancora per restituire la parola ai cittadini andando a nuove elezioni?”. E Sel: “Che Maroni faccia reale pulizia nel malgoverno lombardo invece che illuminare il Pirellone con scritte incitanti alle disuguaglianze, se non ne fosse capace, come noi crediamo, ne tragga le conseguenze”.
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