“Schiacceremo l’Is” Gli Usa aumentano il budget: 7,5 miliardi Pressing sugli alleati

“Schiacceremo l’Is” Gli Usa aumentano il budget: 7,5 miliardi Pressing sugli alleati

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«Cercheremo di schiacciare l’Is in ogni angolo, ma questa guerra sarà lunga, ci vorrà del tempo, abbiamo già provato a farlo per smantellare Al Qaeda, è un impegno più lungo per tutti». Questo è John Kerry, il Segretario di Stato americano, ieri alla conferenza di Roma contro l’Is. Nel frattempo il suo collega alla Difesa Ashton Carter a Washington fa qualcosa che serve a “misurare” l’impegno raddoppiato degli Usa contro i miliziani dello Stato Islamico: nel nuovo bilancio il Pentagono aumenta i fondi contro il gruppo islamista del 50 per cento, salendo a 7,5 miliardi di dollari.

Per un giorno fa tappa a Roma la grande alleanza internazionale che in Iraq e Siria (e presto in Libia) combatte il “Daesh”. Alla Farnesina 25 ministri degli Esteri per una conferenza che serve a confermare la volontà politica di Stati che hanno interessi e sensibilità diverse nella guerra contro il gruppo militante sunnita. In Siria e Iraq ci sono stati molti successi, dice il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni: «Abbiamo sottratto il 40% per cento del territorio che il Daesh aveva conquistato in Iraq, e il 20 % in Siria, stiamo andando avanti ».

Kerry ringrazia Roma per il suo contributo, anche se le richieste di nuove truppe vengono confermate a tutti: «L’Italia è stata grandiosa, il suo impegno nella coalizione è uno dei più grandi in termini di persone, di contributi finanziari e militari in Iraq e, in particolare, per il suo ruolo di leadership in Libia».

Proprio in Libia lo Stato islamico continua ad espandersi pericolosamente, ma per il momento la coalizione guidata dagli Usa non può intervenire militarmente. «Ci vuole un governo di accordo nazionale dei libici», ripete Gentiloni. E così il suo collega francese Laurent Fabius. La Francia nelle utime settimane era stata protagonista di una richiesta di anticipare i tempi di una reazione militare di fronte all’espansione dell’Is in Libia. Aveva trovato un parere diverso dell’Italia, che aspetta un governo di unità nazionale in Libia per provare a unificare il maggior numero possibile di milizie prima di lanciare un’offensiva contro l’Is che sia innanzitutto libica. È un gioco di equilibri: se si aspetta troppo, i danni dell’Is in Libia saranno assai pesanti. Se si anticipa l’attacco militare straniero, chissà quante delle milizie islamiste non ancora schierate con il “califfo” Al Baghdadi correranno a combattere contro l’Occidente invasore. Per questo ieri Fabius ha ripetuto molto chiaramente che, anche rispetto agli allarmi lanciati dal suo premier Valls e dal ministro della Difesa Le Drian, Parigi ha deciso di seguire il processo politico. E di ridurre le possibili differenze con l’Italia. «L’Italia ha preso una sorta di leadership in Libia, come è logico che sia», dice Fabius, «andiamo nella stessa direzione per favorire la nascita di un governo di unità nazionale. È totalmente inesatto parlare di un intervento militare francese».

Il negoziato per far votare il governo di unità nazionale è talmente complicato che questa mattina da Tobruk arriverà a Roma il presidente del parlamento della Libia orientale, quello sostenuto dagli egiziani e messo sotto tutela dai miliziani del generale Khalifa Haftar. Il presidente si chiama Agila Saleh e alla Farnesina incontrerà Kerry e Gentiloni. Agila Saleh deve convocare il parlamento di Tobruk e portarlo a votare la fiducia al nuovo governo. Il premier Serraj non ha voluto nel governo come ministro della Difesa il generale Haftar. Che però è quello che tiene sotto tutela Agila Saleh, e che minaccia molti dei deputati di Tobruk. Kerry e Gentiloni dovranno convincere Saleh a far votare dal suo parlamento un governo che non comprende Haftar.



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