Nuclei d’assalto e sostegno dal mare l’Italia pronta alla missione in Libia
NEI documenti ufficiali si parla solo di “nota esigenza”, ma dietro la definizione burocratica si nasconde il problema più complesso che le nostre forze armate abbiano mai affrontato: la missione in Libia. Ormai c’è la sensazione che sia cominciato il conto alla rovescia per l’intervento militare sull’altra sponda nel Mediterraneo.
E che la tragica morte di Salvatore Failla e Fausto Piano stia accelerando la corsa verso la grande spedizione. Ma i dubbi sono moltissimi. A partire dal quadro legale: serve la richiesta formale di un governo libico, che al momento non esiste. C’è poi un altro dilemma: quali saranno gli obiettivi? Spazzare via il Califfato? Contribuire alla nascita di un esercito libico autonomo? E soprattutto, quale è l’interesse nazionale che l’Italia intende difendere? Il timore è che il nostro paese si trovi ancora una volta a entrare in guerra solo per evitare di essere spiazzato dagli alleati.
Di sicuro, si prepara un’operazione massiccia, la più grande mai realizzata dal 1943. Da mesi gli stati maggiori stanno elaborando piani su piani, ipotizzando un vertice italiano che gestirà uno schieramento di forze europee. La previsione minima è di 3mila militari, la massima supera i 7mila. I due terzi saranno forniti dal nostro paese. L’allestimento richiede circa un mese. Ma un primo contingente potrebbe muoversi nel giro di dieci giorni per prendere il controllo di un aeroporto. In ogni caso, la fase iniziale sul campo sarà interamente affidata a truppe italiane.
L’unico punto certo è la struttura che la guiderà: il comando mobile della divisione Acqui, erede dei “martiri di Cefalonia”. È un quartiere generale creato per gestire operazioni internazionali, composto da shelter modulari che possono essere trasportati ovunque nella stiva dei quadrimotori C-130 Hercules. La scorsa settimana nella riunione al Quirinale del Consiglio supremo di Difesa — formato dal capo dello Stato, dai ministri chiave del governo e dai vertici delle forze armate — si è deciso di avviare la “predisposizione” del contingente. Per questo nell’aeroporto di Centocelle si è cominciato ad assemblare il comando operativo della missione. La posizione non è casuale: nella base romana ci sono i bunker sotterranei del “Pentagono italiano” che coordina tutte le nostre operazioni, dall’Afghanistan al Kurdistan. Poi, quando scatterà l’ora X, si deciderà se la Acqui gestirà l’intervento in Libia direttamente dalla capitale oppure se le condizioni di sicurezza ne permetteranno il trasferimento in Tripolitania.
Oltre agli italiani, faranno riferimento al comando mobile anche militari di altri paesi. Alcuni partecipano attivamente ai piani, come gli inglesi. Altri stanno definendo contributi e regole di impiego, come i tedeschi e gli spagnoli. Nazioni minori hanno offerto piccoli reparti specializzati. Saranno tutti europei. Gli americani aiuteranno dall’esterno, stabilendo un coordinamento con il loro dispositivo nel Mediterraneo: navi, aerei e forze speciali. Per questo un ruolo chiave spetterà all’aeroporto di Sigonella, dove sono schierati da mesi i Predator statunitensi e quelli italiani.
Il contingente sul campo conterà su un sostegno dal mare. Al momento si ipotizza la presenza di almeno una portaelicotteri tipo San Giorgio, che trasporterà un battaglione di “marines” del San Marco con i loro blindati anfibi. I marò saranno una sorta di riserva, per rinforzare i reparti a terra in caso di emergenze. Ci sarà poi una nave carica di rifornimenti e alcune unità di scorta. La copertura aerea invece verrà concentrata sull’aeroporto di Trapani, dove sono già presenti i cacciabombardieri Amx: i piloti sono veterani dell’Afghanistan, dove si sono abituati ai raid di precisione. Fondamentale la base di Pantelleria, con il grande hangar sotterraneo progettato da Pier Luigi Nervi: servirà come scalo per il ponte aereo di elicotteri e cargo.
I numeri e le caratteristiche delle truppe dipenderanno dal tipo di missione. Se si arrivasse a un accordo per la nascita di un governo unitario libico, l’operazione sarà a lungo termine con almeno 5mila soldati. Dovrà contribuire alla sicurezza delle infrastrutture — porti, aeroporti, impianti petroliferi — e collaborare alla formazione di un esercito nazionale. Se il compito sarà limitato alla distruzione del Califfato di Sirte, allora il contingente non supererà i 3mila uomini. Con un nucleo d’assalto di circa 200 commando, per metà italiani, e uno squadrone di elicotteri da combattimento Mangusta. In tal caso, la base avanzata potrebbe anche restare in Tunisia. Gli inglesi hanno già avuto da Tunisi il permesso di schierare un’aliquota della Quarta Brigata, i celebri “Topi del Deserto” del maresciallo Montgomery, mentre i tedeschi potrebbero presto trasferire una loro brigata, la prima attiva in Africa dai tempi di Rommel. Nomi che evocano guerre lontane, ma che potrebbero tornare drammaticamente attuali.
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