Profughi, «la linea di Berlino non cambia»

by Sebastiano Canetta, il manifesto | 15 Marzo 2016 8:49

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Per la cancelliera tedesca Merkel il clamoroso ingresso della destra xenofoba nei tre Land è il frutto di «un voto di protesta». Il vero incubo è che la valanga di voti Afd si trasformi in una slavina alle prossime elezioni per il Bundestag nel 2017

BERLINO «Avanti, a tutta forza, sulla politica dei profughi, fuori e dentro la Germania». Così la cancelliera Angela Merkel il giorno dopo il voto in Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt che sancisce il disastro politico della Grande coalizione. Ma soprattutto il clamoroso e storico ingresso della destra di Alternative für Deutschland nei tre Parlamenti regionali.
Per mutti non cambia niente: la sua linea – anche di fronte alle macerie delle urne – resta quella di prima. «Rimango fermamente convinta che abbiamo bisogno di una soluzione europea. Il numero di migranti in arrivo in Germania e Grecia si è abbassato, ma un risultato durevole ancora non c’è e richiederà tempo» spiega la cancelliera. La vittoria di Afd? «Un voto di protesta» taglia corto, constatando che «il risultato è stato dominato dal problema dei migranti che agli occhi del popolo non è stato risolto. Ma chiudere la rotta balcanica non è soluzione duratura». Dunque, la prima linea dell’emergenza-profughi in Germania passa ancora dalla Turchia («che comunque non riceverà assegni in bianco») e non ci sarà alcuna marcia indietro sul tetto massimo di rifugiati, tabù che Merkel continua a difendere a spada tratta. Ma non è tutto sotto controllo. Anzi. Tra i democristiani si è già aperta la resa dei conti con il leader Csu Horst Seehofer che punta l’indice contro «la politica sui rifugiati di Berlino» come causa del tonfo elettorale dell’Union.

Al di là di ogni storytelling, Merkel è costretta ad ammettere che «domenica è stato un giorno difficile per la Cdu». Sono state le sue prime parole, dopo che le proiezioni anticipavano la vittoria degli Alternativi contro euro e islam e la sconfitta della sua «politica di benvenuto» ai migranti.

In sostanza, le urne restituiscono una netta «cesura della politica tedesca» come precisa il vice-cancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel. Uno iato decisamente inquietante: Afd supera ovunque la soglia del 10% e “sbarca” per la prima volta nei Parlamenti locali, a partire dalla Sassonia-Anhalt dove il partito di Frauke Petry raggiunge uno stratosferico 24%. Ma l’alleanza rosso-nera si schianta anche contro il muro del governatore Verde del Baden-Württemberg Winfried Kretschmann rieletto a furor di popolo con il 30,7% dei consensi: grazie a lui i Grünen diventano il primo partito nel Land.
In buona sostanza l’Union tiene (e a fatica) solo a Magdeburgo mentre l’Spd si consola con la conferma – tutt’altro che scontata – della ministra-presidente della Renania-Palatinato. Male la Linke: in Sassonia-Anhalt, unico Land dove poteva competere, la Sinistra perde ben 7 punti rispetto al 2011.

Baden-Württemberg

A Stoccarda vince il falco Kretschmann, presidente del Land e padre-padrone della corrente «realista» dei Verdi che incassa, paradossalmente, il sostegno alla stretta sui migranti imposta da Cdu-Csu. Al contrario degli sfidanti ha rappresentato il «valore aggiunto» messo sul tavolo dal governatore svevo, in rotta di collisione con la corrente “di sinistra” degli ecologisti, smentendo, almeno parzialmente, il teorema secondo cui a perdere sono stati i candidati schiacciati dai diktat della cancelliera. A Stoccarda a subire la linea di mutti sono stati solo la Cdu, che perde una delle roccaforti (e assottiglia il bacino di voti del ministro delle finanze Wolfgang Schäuble) e lamenta lo «stalking politico» di Kretschmann, come denuncia Guido Wolf, candidato Cdu inchiodato al “palo” del 27% (rispetto al 39% del 2011). Ma il falco Kretschmann “asfalta” anche lo sfidante Spd Nils Schmid, ex ministro delle finanze del Land, che brucia il consenso socialdemocratico (dal 23,1% al 12,7) e dice addio alla partnership di governo con i Grünen.

Sassonia-Anhalt

Nel Land dell’ex Ddr Reiner Haseloff (Cdu) con il 29,8% dei voti si conferma governatore della Sassonia-Anhalt. Per lui c’è poco da festeggiare: a Magdeburgo i democristiani lasciano per strada oltre il 6% dei consensi, a beneficio di Afd che con il 24,2% diventa la seconda forza politica dello Stato davanti a Linke e Spd, entrambi alle prese con un’emorragia impossibile da tamponare. La Sinistra in un lustro passa dal 23,7% al 16,3, mentre i socialdemocratici sprofondano dal 21,5% al 10,6. Male anche i Verdi: raccolgono solo il 5,2% dei consensi (era 7,1) a differenza dei liberali di Fdp che crescono (da 3,8% a 4,9) ma non abbastanza. In calce si segnala il buco dei neonazisti di Npd: dal 4,6% nel 2011 a un misero 1,9%. La xenofobia paga ma non per tutti.

Renania-Palatinato

È l’unica vittoria Spd; il solo Land dove i socialdemocratici crescono, anche se di poco. A Magonza resiste la ministra-presidente Malu Dreyer che conquista il 36,2% dei voti (più 0,5 rispetto al 2011) e batte la sfidante Klöckner ferma al 31,8% (meno 3,4%). Cadono anche Grünen (dal 15,4% al 5,3) e la Linke che lima ulteriormente il consenso (dal 3% al 2,8). L’Alternativa anche in riva al Reno è diventata di destra, populista e spietata: con il 12,6% dei voti Afd è il terzo partito del Land.

Per questo le elezioni di domenica segnano il punto di non ritorno nel modello tedesco che abbina le larghe intese di centrosinistra alla sussidiarietà “europea” in versione protestante. «Nulla sarà più come prima» osservano increduli i collaboratori nell’inner circle della cancelliera Merkel. Nei Land, d’ora in poi, diventerà sempre più difficile formare le consuete (e rassicuranti) coalizioni a due partiti. Ma il vero incubo a Berlino è che la valanga di voti Afd si trasformi in una slavina su governo e opposizione alle prossime elezioni per il Bundestag nel 2017.

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