Siria. Bombe dal cielo e attacchi mirati così la guerra ha cambiato direzione
Sulla strada che da Damasco conduce ad Aleppo, arteria vitale ancorché necessariamente tortuosa, per evitare le zone sotto controllo degli Jihadisti, è facile incontrare i convogli russi. Viaggiano aggrappati ai loro modernissimi APC, blindati per il trasporto truppe, dalla prua bassissima o di scorta ai carri armati T 72 rimodernati. Naturalmente si riconoscono innanzitutto dai caratteri somatici, ma anche per quell’aria da vincitori che ostentano, conquistando con i loro rumorosi mezzi il centro della strada. Non c’è dubbio che se la guerra siriana ha subito una svolta favorevole al regime, è per merito loro.
Per capire se Putin ha ragione quando proclama compiuta la missione che si era prefisso, bisogna ricordare quale era il quadro della situazione militare alla vigilia di quel fatidico 30 Settembre. Semplicemente, l’esercito siriano si stava squagliando, indebolito dalle perdite (circa 60 mila i soldati lealisti morti in battaglia dall’inizio della guerra) e dalle diserzioni.
LA ROCCAFORTE IN PERICOLO
Per la prima volta persino la roccaforte degli Alawiti, la minoranza eterodossa sciita a cui appartiene la stessa famiglia Assad, concentrata sull’altopiano che domina Latakia e Tartus, era apparsa in pericolo. I ribelli, che approfittavano dalla prossimità del confine turco per rifornirsi di mezzi e di truppe, avevano persino conquistato una posizione sul mare, praticamente alle porte di Latakia.
IL NORD MINACCIATO
Più a Nord, una delle principali città della Siria, Idlib, era caduta nelle mani di una federazione di gruppi, Jaysh al Fatah (l’armata della Conquista) dominata dalla filiale siriana di al Qaeda, Jabhat al Nusra (il Fronte del soccorso al popolo siriano) e da lì gli jihadisti avevano esteso il controllo sull’autostrada internazionale Damasco- Homs.
LA COALIZIONE FILO-ASSAD
Ovvio, che in questa situazione le forze russe dovessero concentrare le loro energie prima sulla regione costiera, Latakia e Tartus, dove Mosca ha da decenni una base della Marina e dove sarebbe stata in pochi giorni approntata la base aerea di Hmeimeem, e successivamente sul Nord-Ovest della Siria. Così, colpendo le basi ribelli in maniera spietata e infliggendo perdite pesantissime, ma anche provocando vittime civili, l’avanzata degli oppositori armati è stata bloccata. E l’esercito siriano ha ripreso fiducia in se stesso. Anzi tutto il fronte filo Assad, formato dall’esercito rimasto fedele al Raìs, dagli Hezbollah libanesi, dai pasdaran iraniani e dai miliziani sciiti iracheni, ha cominciato ad assaporare il sapore della vittoria, grazie all’appoggio dell’aviazione di Mosca. Putin è stato abile a muovere questa Santa Alleanza sciita contro le forze anti-Assad, rappresentate da Turchia, Arabia Saudita, Emirati e dagli Stati Uniti, tutti accomunati dal fallimento del loro progetto di cacciare Assad dal potere.
LA BATTAGLIA DI ALEPPO
Cominciata come una battaglia per liberare il corridoio di Azaz, la maggiore via di rifornimento e di comunicazione tra ribelli che occupano la parte orientale di Aleppo e la frontiera turca, si è presto capito che lo scontro era in realtà sul destino della più grande e ricca città della Siria. Destino che resta ancora incerto, essendo un terzo della Aleppo ancora nella mani degli oppositori armati. Ma importanti infrastrutture come la centrale termica e l’aeroporto sono adesso nelle mani dei lealisti e soprattutto è ripreso il collegamento tra Aleppo e Damasco, anche se l’autostrada internazionale non è ancora praticabile. E’ difficile immaginare come sarebbe stato possibile questo successo senza il contributo delle forze russe.
L’INCOGNITA DI PALMIRA
Bisogna ora vedere in che misura la ritirata ordinata da Putin escluderà la possibilità di future operazioni sul terreno. Fino a qualche giorno fa, in Siria si dava per imminente una grande operazione per cacciare gli jihadisti da Palmira, il tesoro della romanità in parte distrutto. Possibile che Putin voglia rinunciare a questo momento di gloria?
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