Il padre di Boschi indagato? La Rai lo nasconde

by Andrea Colombo, il manifesto | 22 Marzo 2016 9:55

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Pierluigi Boschi? Chi è costui e perché ci si dovrebbe occupare delle sue traversie giudiziarie? Il padre della ministra Maria Elena è indagato per bancarotta fraudolenta, insieme a tutti i vertici di Banca Etruria. Un fattaccio non privo di conseguenze pesantissime per la vita materiale di numerosi disgraziati che, in virtù della gestione allegra e forse fraudolenta, ci hanno rimesso la camicia. Una notizia che appena tre mesi fa avrebbe occupato le prime pagine, e che era temutissima nelle file dei parlamentari del gran capo.
Ma in questi pochi mesi la normalizzazione renziana ha fatto passi da gigante e la presa sui media è diventata ferrea, raggiungendo livelli a cui Silvio Berlusconi non si era mai neppure avvicinato. Per il servizio pubblico la notizia non esiste: ci manca solo che si debba dar conto di ogni attività giudiziaria! La grande stampa, comprese le testate che se l’allora Cavaliere parcheggiava in doppia fila gridavano al colpo di stato, derubrica a fattarello.

L’informazione dà il peggio, ma la politica non sfigura. Solo l’M5S e Sinistra italiana trovano qualcosa di bizzarro nel silenzio stampa. Lo fa notare Beppe Grillo, senza calcare troppo la mano: «Imbarazzante». Lo bolla come «scandaloso» la capogruppo al senato di Si Loredana De Petris. Per il resto nessuno di quelli che ai tempi di Minzolini direttorissimo insorgevano quotidianamente ci trova niente da ridire. Non latita invece la difesa d’ufficio, appassionata. «Che barbarie far ricadere sui figli le colpe dei padri», s’indigna Cicchitto.
La ministra coglie al volo il cambio di clima politico-mediatico e ci mette del suo per accentuarlo quanto più possibile. Aveva in programma una lezione agli studenti romani della Sapienza: non vede motivo per rinviare e neppure per accennare, nella dotta prolusione, a miserie come quella aretina.
In parlamento suonerà la stessa mesta musica. La mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle giace al senato da oltre tre mesi. Fu discussa e respinta alla camera, dove i numeri garantivano sonni serenissimi, mentre palazzo Madama sembrava allora più minaccioso, con quel vantaggio esiguo e ballerino che consigliava la sepoltura in un provvido cassetto. Da allora le cose sono cambiate e quindi, prima o poi, la mozione, ora reiterata dall’M5S, verrà discussa. Più poi che prima però, non perché sussistano timori di sorta ma perché di questa storiaccia meno e più tardi se ne parla, meglio è.
I pentastellati chiederanno per oggi una conferenza dei capigruppo per calendarizzare la loro richiesta di sfiducia: difficilmente la otterranno dal presidente Piero Grasso. In ogni caso, il calendario della settimana è già fissato e figurarsi se lo si modifica per una bazzecola del genere. Poi arriva Pasqua, con la sua settimana di riposo per l’esausta aula, e alla riapertura si vedrà. Inutile scalmanarsi, che tanto l’esito è scontato.
«Se ripresentano la sfiducia verrà respinta», chiosa serafico il vicesegretario dem Lorenzo Guerini, con l’aria infastidita di chi preferirebbe non sciupare il prezioso tempo. Ha ragione. L’appoggio dei verdiniani alla ministra è sicuro, ma anche Forza Italia, per comprensibili motivi, non affonderà la lama. La battagliera minoranza Pd la cercano a «Chi l’ha vista?». La regola «Il silenzio è d’oro» ha unificato ieri le anime solitamente vocianti del partitone. Resterebbe la temuta opinione pubblica, che specie alla vigilia delle elezioni potrebbe invece impensierire. Ma niente paura: a quella ci penseranno i fedeli media. L’ordine regna ad Arezzo.

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