“Sempre puntuale non è mai arrivata” dispersa un’italiana

“Sempre puntuale non è mai arrivata” dispersa un’italiana

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BRUXELLES AL NUMERO civico 16 di place Charles Rogier Karel Rogierplein, nell’ufficio del palazzo di vetro a pianta circolare dove ha sede l’Ercea, il Consiglio europeo della ricerca, non è mai arrivata. È una puntuale Patricia Rizzo: massimo alle 9.30 è seduta alla sua scrivania a spulciare carte e a redigere documenti. Non tarda mai. Casa, lavoro, sempre in metropolitana. Sempre la stessa linea 1, quella dei vagoni fatti saltare in aria dai kamikaze dell’Is tra le stazioni di Maelbeek e Schuman, nel cuore istituzionale della capitale d’Europa. Ieri il condizionale sul destino di Patricia ha ballato fino a sera, come è d’obbligo in casi atroci come questo. Al momento, dopo quarantotto ore di angoscia e di attesa, la funzionaria dell’Ue, 47 anni, originaria di Enna, è ufficialmente “dispersa”. Ma i timori che il suo nome possa andare a riempire la casella della prima vittima italiana delle stragi di Bruxelles, resta molto alto. «Non sappiamo ancora niente di certo», ripete il cugino Massimo Lenora in fondo a una lunga giornata trascorsa nel centro grandi ustionati dell’ospedale militare Regina Astrid. Una giornata in cui si sono rincorse voci e mancate conferme. Convocati dalle autorità belghe a Neder- Oven-Hembeek, nel nosocomio dove sono state raccolte tutte le venti salme dell’esplosione della metropolitana, i familiari di Patricia, papà Gaetano e mamma Carmela, e appunto il cugino Massimo, hanno atteso tutto il giorno di sapere se il nome della donna rientra oppure no nel bollettino di morte scritto dal tritolo dei terroristi. «I genitori di mia cugina sono stati fatti salire al primo piano dalla polizia per riempire un formulario. Cercano segni particolari per poterla identificare » – ha spiegato Lenora. «È da martedì che la cerchiamo e speriamo davvero di trovarla viva». Tutto inizia con un post su Facebook: è il cugino di Patricia a lanciare l’allarme, pubblica la foto, chiede aiuto per le ricerche. «Non la troviamo». Un penoso rituale digitale seguito in queste ore anche da altri familiari di cittadini di cui non si ha traccia dalla mattina dell’orrore. Partiamo dunque dalle cose certe. La prima, la più importante: Patricia era in metro’. «Anch’io stavo per prenderla, ma all’ultimo minuto ho cambiato idea e ho preso l’auto, altrimenti probabilmente sarei stato coinvolto anch’io nell’esplosione», aggiunge Massimo Lenora che fa il dj e producer di musica progressive ed è noto per l’alias “Mass Leone”. La seconda. In ufficio la funzionaria non è mai arrivata. La paura che Patricia possa essersi trovata sui vagoni coinvolti nell’esplosione lievita ieri mattina con le notizie che arrivano da Roma. Prima una nota della Farnesina in cui si definisce “molto probabile” l’ipotesi che ci sia un’italiana tra le vittime. Poi una dichiarazione di Maurizio Lupi appena uscito da Palazzo Chigi: «Il presidente del Consiglio ci ha informato che c’è una verifica in corso su una possibile vittima italiana: dovrebbe essere tra le vittime della metro ». La somma delle circostanze, a mezzogiorno, sembra spezzare la speranza. Ma a Bruxelles non c’è (ancora) una conferma formale. «Lo stato in cui sono ridotti i cadaveri rende estremamente complicate le procedure ufficiali per l’identificazione», spiegano dalla Procura federale. La scena si sposta in una stanza nel sottosuolo dell’ospedale militare Regina Astrid, 20 chilometri dal luogo dell’attentato alla metro. Assistiti da funzionari dell’ambasciata italiana, i genitori di Patricia Rizzo restano per tutto il giorno in attesa di una risposta dei medici legali. Assieme alle altre famiglie delle persone disperse. La risposta non arriva. Forse occorrerà ancora del tempo. Ma chi è Patricia Rizzo? «I nostri nonni sono venuti in Belgio per lavorare nelle miniere e siamo rimasti tutti qui – racconta ancora il cugino -. Siamo originari della provincia di Enna, i miei di Calascibetta. Ma abbiamo tutti la nazionalità italiana, perché l’Italia resta il nostro Paese». Prima di trasferirsi a Bruxelles per lavorare all’Ercea, Patricia è stata per cinque anni uno dei dirigenti più importanti dell’Efsa, l’Authority Alimentare Europea con sede a Parma (da ieri nel palazzo in viale Piacenza la bandiera europea è issata a mezz’asta). Nella città emiliana ha vissuto dal 2003 al 2008. «Patricia faceva parte dello staff dei nostri due precedenti direttori esecutivi – racconta Francesca Avanzini, Media Relations Efsa -. Era una persona molto conosciuta e siamo tutti in apprensione per lei».



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