Carige sotto il pressing della Bce raddoppia il rosso e crolla in Borsa le banche tremano a Piazza Affari

Carige sotto il pressing della Bce raddoppia il rosso e crolla in Borsa le banche tremano a Piazza Affari

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MILANO Giornata difficile per Carige. La sera prima – a tarda ora – erano state rese note le nuove richieste della Bce, che vuole un nuovo piano industriale e un disegno strategico del futuro della banca (Carige ha anche portato a 101,7 milioni la perdita 2015). Ieri è arrivata la bocciatura da parte della Borsa, che ha picchiato duro sul titolo (-9,6%) gettando ancora una volta ombre scure sulle banche. Così il Banco Popolare ha ceduto il 4,2% e Bpm il 3,3% (anche perché il disco verde della Bce alle nozze si allontana nel tempo e intanto nel fronte interno a Piazza Meda si sta alzando il livello di contrarietà al matrimonio); ma sono andate male anche Unicredit (-2,2%), Intesa (-2%), Mediobanca e Ubi (-1,9%).

E mentre a Vicenza oggi si terrà una tesissima assemblea su aumento di capitale, trasformazione in spa e quotazione, sulla banca ligure aumentano le liste per il rinnovo del cda (il 31 marzo). A questo punto dovrebbero essere ben quattro: oltre a quella presentata mercoledì scorso dalla Malacalza Investimenti (17,6% del capitale), ce ne sono altre tre: quella del secondo azionista, Gabriele Volpi, che attraverso il trust inglese The Summer controlla il 6,1% e che si è alleato con l’imprenditore della logistica Aldo Spinelli (poco meno del 2%); quella dei “nuovi pattisti” (Coop e Fondazioni) che arrivano al 4,2 e quella di Assogestioni. Considerando che il nuovo cda sarà composto da 15 membri, la distribuzione dei posti potrebbe alla fine assegnare nove consiglieri alla prima lista (Malacalza), tre alla seconda (Volpi-Spinelli, ufficialmente ancora riervata), due alla terza (i nuovi pattisti) e uno alla quarta.

Martedì invece sarà la scadenza per la presentazione delle liste Ubi. La prima popolare a trasformarsi in spa, ha già visto oggi la presentazione di una lista unica di azionisti di capitale “forti”: hanno unito le forze infatti sia il Patto dei soci bresciani – di gran lunga più numerosi, con l’11,95% del capitale – sia quelli di estrazione bergamasca, insieme alla Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo. Complessivamente, si tratta del 17,024% del capitale: capolista è Andrea Moltrasio (già ora presidente del consiglio di sorveglianza) e poche sono le sorprese, rispetto all’assetto attuale dal cds.

Nella lista compare anche Francesca Bazoli, figlia del prossimo presidente emerito di Intesa, e da sempre molto vicino alla banca guidata da Victor Massiah.

Non è ancora arrivata invece la lista Assogestioni (secondo indiscrezioni dovrebbe essere guidata da Giovanni Fiori, attuale sindaco di Bankitalia) e anzi aluni rumor nei giorni scorsi avevano parlato di qualche difficoltà nel raggiungere il quorum (ci vuole un minimo di capitale) per presentare la lista. Tuttavia, secondo quanto si apprende da fonti vicine al Comitato dei gestori, a questo punto il quorum dovrebbe esserci, anche grazie all’apporto dei fondi esteri. Del resto, a guardare i numeri del capitale di Ubi – e non è certo l’unica – la “lista Assogestioni” (in realtà, la lista degli investitori istituzionali) rischia di essere quella con il maggior numero di voti, pur restando di minoranza (presenterà tre consiglieri, il massimo che può prendere come seconda lista). Sarebbe un autogol difficilmente comprensibile se Assogestioni non riuscisse a presentare la lista, magari per intoppi tecnici dell’ultimo momento nella consegna delle azioni da parte degli investitori esteri.



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