Carrelli, guanti, valigie esplosive Caccia al terzo uomo col cappello

Carrelli, guanti, valigie esplosive Caccia al terzo uomo col cappello

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BRUXELLES Tutti e tre hanno i volti giovani incorniciati dalle barbe incolte, segno distintivo dei musulmani più osservanti, e i due che indossano i maglioni, neri come la tetra bandiera dell’ Isis, hanno la mano sinistra foderata da un guanto: sono gli attentatori che ieri hanno seminato la morte nell’aeroporto di Bruxelles così come li ha ripresi una telecamera di sorveglianza qualche attimo prima delle esplosioni. Due si sono fatti saltare in aria alle 7.50 uccidendo undici persone tra i passeggeri in attesa nell’atrio delle partenze; del terzo non si sa ancora nulla, la polizia lo sta cercando, come per ora non si sa niente neppure del kamikaze fattosi esplodere alle 9.11 nella stazione Maelbeek della metropolitana facendo un’altra strage, venti i morti, a due passi dalle sedi europee.

Che facessero parte di una o di più cellule terroristiche legate allo Stato Islamico pare che non ci siano dubbi. Lo «certifica» anche l’agenzia di stampa Amaq affiliata all’Isis che, subito dopo le due stragi che hanno insanguinato Bruxelles, ha diffuso in rete un comunicato in cui parla di «combattenti» che «hanno portato a termine una serie di attentati con cinture esplosive e ordigni» colpendo la capitale di «una nazione che partecipa alla coalizione contro lo Stato Islamico», aggiunge, per poi «rivelare» ciò che gli inquirenti già sapevano, ma dimostrando di avere notizie di prima mano, che i tre kamikaze avevano addosso proprio delle cinture esplosive.

Un’azione terroristica che è maturata nello stesso brodo di coltura del terrore fondamentalista che ha partorito gli attentati che a novembre fecero 130 vittime a Parigi e che potrebbe avere una qualche connessione anche con l’arresto di venerdì scorso proprio a Bruxelles di Salah Abdeslam, che dopo essere finito in manette ha dichiarato di essere pronto a collaborare con gli investigatori belgi a patto di non essere estradato in Francia. Tra le due azioni terroristiche le coincidenze sono parecchie, a partire dai guanti neri dei due kamikaze dell’aeroporto Zaventem. Qualche giorno fa un rapporto consegnato dall’antiterrorismo al ministro dell’Intero francese segnalava che sui resti degli arti di due dei kamikaze di Parigi erano stati trovati i fili elettrici d’innesco dei detonatori delle bombe assicurati all’epidermide con strisce di nastro adesivo. E i guanti neri potrebbero essere serviti ai due attentatori dell’aeroporto proprio per nascondere i fili e il detonatore.

Stessa anche la tecnica delle cinture esplosive imbottite di chiodi e di bulloni che, scagliati come proiettili micidiali, hanno ucciso e ferito decine di persone. Ordigni che potrebbero avere imparato a costruire o su Internet oppure durante periodi di permanenza nei campi di addestramento dell’Isis in Siria. Gli insegnamenti dello Stato Islamico, però, vanno oltre la fabbricazione delle bombe o l’uso delle armi. Parecchie pubblicazioni reperibili in rete già dai tempi di Al Qaeda, infatti, spiegano ai «martiri» come confondersi tra gli occidentali per evitare di destare sospetti, ad esempio vestendosi all’occidentale, appunto. L’immagine dei tre attentatori di Zaventem sembra confermare che i tre abbiano seguito questo consiglio.

Un’altra coincidenza è rappresentata dalla sorte del terzo kamikaze dell’aeroporto (quello con cappello scuro e giaccone bianco) che, così come fece a novembre Salah Abdeslam, parrebbe aver abbandonato la sua cintura esplosiva senza innescarla e, di conseguenza, senza suicidarsi. Le indagini accerteranno se si è trattato di una mancata esplosione dovuta ad un difetto di fabbricazione dell’ordigno oppure, come è stato nel caso di Abdeslam, di un ripensamento dell’ultimo momento che avrebbe fatto fare marcia indietro al kamikaze facendogli preferire la via della fuga, anche se non proprio onorevole secondo i principi dell’Isis, a quella della morte. Il borgomastro di Zaventem, Francis Vermeiren, ieri sera ha dichiarato che i tre attentatori «sono arrivati in taxi con delle valigie con all’interno le loro bombe» che, come si vede nella foto, hanno messo sui carrelli. Due delle bombe sono sicuramente esplose, l’ultima no: «Il terzo ha messo anche lui la valigia su un carrello ma deve aver avuto paura», ha detto il borgomastro. È su di lui che si stanno concentrando le ricerche della polizia, ha confermato il procuratore generale del Belgio Frédéric Van Leeuw in una conferenza stampa.

Perquisite anche numerose abitazioni in vari distretti. In una a Schaerbeek, è stato scoperto un ordigno esplosivo contenente chiodi pronto a fare un’altra strage oltre a prodotti chimici del tutto simili a quelli impiegati nella fabbricazione di bombe artigianali, ma non per questo meno devastanti. Su tutto campeggiava una bandiera dello Stato Islamico.

Giuseppe Guastella



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