Fine dell’incubo per Gino Pollicardo e Filippo Calcagno
Dopo il dolore per l’uccisione due giorni fa di Salvatore Failla e Fausto Piano, avvenuta (forse) nello scontro a fuoco tra la milizia di Sabratha e islamisti non meglio identificati, ieri gli altri due tecnici italiani sequestrati a luglio a Mellitah, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, sono riusciti a liberarsi e a raggiungere la salvezza. Una fuga che ha del miracoloso. Stando ad una prima versione giunta da Sabratha, i due, nella notte tra giovedì e venerdì, si sono resi conto di essere rimasti soli nella cantina della casa di una famiglia marocchina nella zona nord-ovest della città dove sette giorni fa erano stati abbandonati, a quanto pare, senza acqua né cibo. All’alba, ormai sicuri dell’assenza dei loro carcerieri, sono riusciti ad abbattere la porta principale della casa in cui erano tenuti ostaggio e con una corsa in strada sono riusciti a raggiungere un luogo sicuro. Hanno chiesto aiuto agli abitanti della città, poi è intervenuta la milizia che li ha portati al posto di polizia dove hanno potuto prendere contatto con le autorità italiane. La Farnesina qualche ora dopo ha confermato che Pollicardo e Calcagno, in buona salute, non erano più nelle mani dei loro rapitori ma sotto la tutela del Consiglio militare di Sabrata. Grande la gioia di familiari ed amici che mercoledì erano precipitati nell’angoscia dopo l’uccisione di Failla e Piano e temevano per la sorte dei loro congiunti.
Le informazioni sulla dinamica della liberazione ieri sera erano ancora confuse. Un dato sembra abbastanza certo. I due ex sequestrati non sono mai stati nelle mani dello Stato Islamico. I loro rapitori erano quasi certamente predoni, banditi, probabilmente anche islamisti ma interessati più ad ottenere un buon riscatto che alla guerra santa. Pollicardo e Calcagno comunque hanno corso il rischio di essere “venduti” agli uomini del Califfato, che controllano una porzione importante della Libia, o ad un’altra formazione jihadista. Peraltro resta ancora avvolto nel mistero il ruolo e l’orientamento che gioca nel caos libico la milizia di Sabratha tanto citata in questi ultimi giorni.
Il sindaco della città, Hussein al Dawadi, ha smentito la fuga dei due italiani dalla cantina dove erano tenuti prigionieri. Sostiene che a liberare gli italiani sarebbe stato un blitz delle forze di sicurezza: «Due ostaggi italiani sono stati liberati a Sabrata dopo irruzioni in varie case a seguito di informazioni ricevute» ha comunicato al Dawadi «Sono stati trovati in una casa della località di Tallil, a circa tre chilometri dal luogo dove sono morti i loro compagni giovedì». Ha quindi affermato che i due italiani «erano stati individuati lunedì», quindi prima della sparatoria nella quale sono morti Piano e Failla. Infine il sindaco ha mostrato il messaggio scritto da Pollicardo e apparso anche sulla pagina facebook del Centro di informazione di Sabratha: «Sono Gino Pollicardo e con il mio collega Filippo Calcagno oggi 5 marzo 2016 siamo liberi e stiamo discretamente fisicamente, ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia». La versione di al-Dawadi è stata confermata da un sito ritenuto abbastanza affidabile, il Libya Observer, secondo il quale i due italiani «sono stati salvati in un raid condotto in uno dei covi dell’Isis nella parte sud di Sabrata» grazie alle informazioni sul posto dove erano tenuti gli ostaggi riferite una combattente tunisina dell’Isis arrestata dalla milizia locale. Pollicardo e Calcagno dovrebbero far rientro a casa al più presto, qualcuno li attendeva già la scorsa notte. Entrambi potranno chiarire l’accaduto e come sono riusciti a liberarsi. Inoltre faranno la loro deposizione davanti al magistrato romano, Sergio Colaiocco, che indaga sulla vicenda.
Invoca la verità la famiglia di Salvatore Failla che attraverso il suo avvocato vuole vederci chiaro su come è stato possibile che appena 24 ore dopo la morte del loro congiunto e di Fausto Piano siano stati liberati gli altri due italiani. I libici sono stati gli unici protagonisti di questo caso o accanto a loro hanno agito anche uomini di forze speciali e agenti segreti di Paesi occidentali che si trovano da settimane, forse mesi, in Libia per preparare il terreno all’intervento militare internazionale?
Intanto si è appreso che l’inviato internazionale per la crisi libica Martin Kobler, non incontrerà lunedì, come previsto, il primo ministro designato Fayez al-Sarraj per il via libera al nuovo governo di unità nazionale. La decisione ha coinciso con l’annuncio dell’”uomo forte”, il generale Khalifa Haftar, della liberazione imminente da parte delle sue truppe, pare proprio lunedì, di tutta Bengasi dalla presenza dei «terroristi». Lo sviluppo rischia di compromettere ulteriormente il fragile accordo tra Tobruk e Tripoli firmato a Skhirat in Marocco alla fine del 2015. Haftar, sponsorizzato dall’Egitto e oppositore delle intese di Skhirat che lo mettono in disparte, cerca di rientrare in gioco grazie alla sua forza militare. Da Parigi, in vista del summit franco-italiano dell’8 marzo a Venezia, fanno sapere che la condicio sine qua non per attaccare in Libia resta il governo di unità nazionale. «L’Italia – spiega la Francia – avrà un ruolo molto particolare sulla Libia. La Francia tiene molto a fare in modo che ci sia una perfetto coordinamento su questa questione…(la Libia) è un tema che preoccupa i nostri due Paesi e su cui abbiamo una visione comune nella speranza che un governo di unione nazionale entri al più presto in funzione».
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