Hollande cede sulla revoca della cittadinanza

by Stefano Montefiori, Corriere della Sera | 31 Marzo 2016 10:03

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PARIGI È uno dei momenti più difficili per François Hollande, che pure ne ha conosciuti tanti dal suo arrivo all’Eliseo quasi quattro anni fa. Il presidente della Repubblica ha annunciato ieri che abbandona il progetto di riforma costituzionale e in particolare la revoca della cittadinanza francese per i terroristi, una misura al cuore del dibattito pubblico dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi. Alla fine di quattro mesi di discussioni e 63 ore di dibattito parlamentare, non se ne fa niente.

Le conseguenze pratiche sono relative, la riforma era soprattutto «simbolica», come aveva riconosciuto il primo ministro Manuel Valls. Ma il fallimento politico è disastroso, e arriva nel momento in cui la popolarità del presidente è tornata, secondo i sondaggi, al consueto, bassissimo livello.

Hollande aveva annunciato di voler riformare la Costituzione durante il discorso solenne tenuto, il 16 novembre 2015, davanti all’Assemblea nazionale e al Senato riuniti eccezionalmente in Congresso a Versailles, tre giorni dopo i 130 morti del Bataclan, dei ristoranti e dello Stade de France. Il Paese era attraversato da una emozione enorme, «siamo in guerra», proclamò il presidente, che a conferma dell’eccezionalità del momento propose alcune misure in passato invocate dalla destra.

Il presidente socialista Hollande chiedeva di inscrivere nella Costituzione lo stato di emergenza, e la possibilità di togliere la cittadinanza ai condannati per terrorismo. Cercava l’unità nazionale, puntava a raccogliere su di se, comandante in capo delle forze armate, il consenso di tutte le forze politiche.

Il risultato è che la destra non è stata al gioco e ha boicottato il voto del progetto, e la sinistra ha contestato il presidente, accusandolo di svendere i suoi valori a favore di una svolta autoritaria: al posto dell’unità nazionale Hollande ha ottenuto la divisione, anche nel suo stesso partito.

Ma che cosa c’era di così straziante nell’idea di togliere la cittadinanza francese a terroristi islamici capaci di uccidere connazionali innocenti? Il fatto è che si è ben presto creato un pasticcio giuridico. Il diritto internazionale vieta di creare apolidi, cioè persone prive di cittadinanza.

La misura avrebbe riguardato quindi (nel testo approvato al Senato) solo i bi-nazionali. Si creavano così inevitabilmente due categorie di cittadini, puniti in due modi diversi a parità di crimine: i francesi di «serie A» non avrebbero potuto perdere la nazionalità mentre quelli di «serie B», per esempio francesi e algerini, francesi e marocchini ecc., sì. Contro questa discriminazione si era schierata la sindaca socialista di Parigi, Anne Hidalgo, il popolare ministro dell’Economia Emmanuel Macron e tempo addietro — quando non sospettava di tornare al governo — l’ex premier Jean-Marc Ayrault oggi ministro degli Esteri. A fine gennaio si era dimessa per protesta Christiane Taubira, la ministra della Giustizia ultima rappresentante ancora al governo dell’ala sinistra del partito. Taubira ieri non ha nascosto la soddisfazione: «Adesso che si ferma la parentesi di un doloroso smarrimento, che la Costituzione resta la custode dei nostri valori, (…), adesso torniamo liberi insieme».

Il progetto ritirato ieri da Hollande è riuscito a tormentare la Francia e a farla vacillare nei suoi principi, senza dare al Paese sicurezza in più. A livello europeo, mentre continuano le resistenze a una maggiore collaborazione tra intelligence e forze dell’ordine dei 28 Stati, si riunirà oggi a Bruxelles il comitato Ue per la sicurezza aerea. Allo studio il «modello israeliano», con controlli approfonditi all’ingresso degli aeroporti, ben prima dell’area del check-in.

Stefano Montefiori

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