I KAMIKAZE DI BRUXELLES E LE RADICI DEL MALE

by TAHAR BEN JELLOUN, la Repubblica | 24 Marzo 2016 9:19

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GLI ATTENTATI di Bruxelles sono la conseguenza logica e quasi attesa di quanto è accaduto il 13 novembre 2015 a Parigi. Ad animare questi figli europei dell’immigrazione magrebina è la stessa rabbia, lo stesso odio sconfinato per l’Occidente. Perché tanta crudeltà? Perché questi omicidi ciechi? Come si diventa un mostro che sacrifica la propria vita per uccidere il maggior numero di persone intorno a sé?

Molti elementi e fattori diversi contribuiscono a fabbricare un mostro, vale a dire qualcuno che rinnega la propria umanità e porta la sventura.

La maggior parte dei terroristi che hanno commesso attentati in Europa sono figli di immigrati magrebini. È un dato di fatto. Questi individui non hanno mai ricevuto o non hanno mai assorbito i valori della civiltà da cui provengono i loro genitori. Questi ultimi hanno la loro parte di responsabilità per quello che succede, anche se sono prevalentemente da compiangere.

Ma l’immigrazione è una lacerazione; è come un albero sradicato e piantato in un’altra terra, che a stento si regge in piedi, è come un innesto, le radici non si trapiantano facilmente fuori dalla terra di origine. La cultura che si portano dietro nella terra straniera è molto povera e la stessa religione si riassume in pochi riti che si confondono con gli usi e le tradizioni. Quando non si può trasmettere alla propria progenie una cultura viva e serena, ci si accontenta di quel che ne resta. Si è presi dallo scoramento e poco per volta si rinuncia a trasmettere ai propri figli un’educazione solida. Si lascia fare alla strada, al caso, al destino. È così che i figli dell’immigrazione — non tutti, per fortuna, ma alcuni di loro — si trovano a corto di cultura e di valori che li rassicurino e diano loro una sicurezza ontologica, vale a dire del proprio essere e della propria identità.

L’ontologia è quello che costituisce il nostro essere, quello che siamo. La nostra identità è ciò che ci determina: un nome, un cognome, una famiglia, un paese, una nazionalità, riferimenti culturali e religiosi o l’assenza di riferimenti che indichino la strada da percorrere. Se il nostro essere non sa chi è, da dove viene e a quale cultura appartiene, perde l’equilibrio e diventa disponibile a riempire questa casella con quanto gli verrà proposto.

In Francia, l’immigrazione è una delle conseguenze della colonizzazione. È stato detto e ripetuto molte volte: la popolazione immigrata non ha beneficiato della riconoscenza né di molte attenzioni da parte del paese di accoglienza. Il razzismo si è sviluppato in proporzioni enormi, soprattutto durante e dopo la guerra di Algeria (1954-1962). I rimpatriati dall’Algeria hanno sofferto per la perdita di quello che consideravano il loro paese. Le cattive condizioni del loro doloroso ritorno in Francia sono state accompagnate da un senso di ingiustizia e di risentimento. Gli immigrati, nonostante il lavoro che svolgono, non hanno ricevuto un trattamento corretto e dignitoso. E sono stati zitti. I padri non sono stati degli eroi e hanno trasmesso ai loro figli un’immagine di disfatta e di impotenza. Alcuni dei figli, consapevolmente o inconsapevolmente, hanno voluto “vendicare” i genitori portando caos e sofferenza nelle famiglie europee con gli attentati, uccidendo degli innocenti. Non sono neanche sicuro che sappiano quello che fanno. Non appartengono più a loro stessi: sono entrati in un delirio che si adatta perfettamente al loro stato d’animo pieno di buchi.

La maggior parte dei figli di immigrati soffrono di insicurezza ontologica e tuttavia non prendono le armi per uccidere degli innocenti. È qui che interviene lo “Stato islamico” con la sua propaganda diabolica. Nei suoi discorsi parla di vendetta e di morte. Promette un avvenire radioso a quei figli abbandonati dall’Europa, offre loro una via di uscita, un progetto con un senso. Dice loro: voi non avete trovato un senso alla vostra vita ma io vi propongo di dare un senso alla vostra morte lottando sulla “Via di Dio” ( Fi sabilillah) che porta al paradiso. Presenta l’Occidente come un paese esclusivamente materialista, senza alcuna spiritualità, senza i valori divini che sono la fine e il principio dell’umanità. Questo discorso, certi figli dell’immigrazione lo sentono e lo seguono. Erano disponibili a crederci e a passare all’azione, ubbidendo agli ordini di un’organizzazione strutturata che porta avanti le sue promesse fino in fondo.

Traduzione di Elda Volterrani

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