La strategia qaedista in Africa è un messaggio alla Francia

by Danilo Ceccarelli, il manifesto | 15 Marzo 2016 9:51

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Dopo il Mali e il Burkina Faso, un altro paese dell’Africa Occidentale si è dovuto confrontare con la ferocia jihadista di Al Qaeda, che è tornata a colpire per mano di uno dei suoi gruppi affiliati, Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi).

L’attacco avvenuto la scorsa domenica a Grand Bassam, in Costa d’Avorio, conferma i timori che in questi ultimi mesi stavano serpeggiando tra le forze armate e l’intelligence locale. Solitamente attivo tra l’Algeria, la Libia e l’area settentrionale del Mali, Aqmi sembra ormai determinato a estendere il suo campo d’azione in tutta la parte ovest dell’Africa, uscendo da quei confini in cui era solito agire fino a un anno fa. Mai prima d’ora la Costa d’Avorio aveva subito un attacco simile. Un segnale, questo, che è risuonato come un campanello d’allarme, nonostante l’avvertimento giunto nelle scorse settimane da parte di molti analisti.

Ancora una volta, il modus operandi dei terroristi ha seguito uno schema ben preciso, ricalcando quello degli attentati compiuti il 20 novembre a Bamako e il 15 gennaio a Ouagadougou. Gli autori sono sempre i miliziani di Al Mourabitoune, una katiba appartenente ad Aqmi e guidata da Mokhtar Belmokhtar, figura chiave del terrorismo sahariano. Gli obiettivi, in questo caso una località balneare frequentata da africani e occidentali, sono strutture posizionate in città, nei pressi di quartieri centrali e affollati.

Questa strategia rappresenta il vero elemento di novità. Mentre fino a un anno fa gli assalti terroristici si limitavano a conflitti con le truppe militari locali e internazionali in zone di confine, ora gli uomini di Aqmi si spingono fin nel cuore dei centri abitati, andando a colpire dei luoghi simbolo con una forte presenza di stranieri. Oltre a provocare un grave danno all’economia locale, che vede nel turismo un’importante risorsa finanziaria, queste azioni hanno lo scopo destabilizzare l’intera regione per facilitare l’infiltrazione e lo spostamento di terroristi attraverso le frontiere. Il controllo dell’intera area occidentale dell’Africa permetterebbe ad Al Qaeda di imporsi su Daech, deciso ad espandersi nel continente nero.

Ad essere colpita, però, non è stata solamente l’Africa. Una simile aggressione deve essere interpretata come un chiaro segno rivolto anche alla Francia, antica potenza coloniale che ancora oggi mantiene una forte influenza nella vita politica ed economica della Costa d’Avorio. A questo si aggiunge la presenza militare di Barkhane, un’operazione lanciata dall’Eliseo nell’agosto del 2014 con lo scopo di contrastare la crescente minaccia jihadista nella zona sahelo-sahariana. Per fronteggiare l’avanzata di Al Qaeda in Africa occidentale potrebbe essere necessario rafforzare la collaborazione tra le forze militari locali e internazionali. A tal proposito, un ruolo fondamentale è svolto dal G5 del Sahel, un progetto di cooperazione regionale nato nel febbraio 2014, a cui hanno aderito Mauritania, Mali, Niger, Burkina Faso e Ciad.

L’obiettivo è quello di rendere sicuro il territorio attraverso un lavoro congiunto tra le truppe locali, troppo spesso impreparate e incapaci di tenere testa agli attacchi. Con il rischio di nuovi attentati in paesi fino ad ora considerati immuni dal virus jihadista, come Senegal, Benin e Ghana, è facilmente prevedibile nei prossimi mesi un’estensione del numero di stati aderenti alla coalizione.

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