Ferrovie del Sud Est. L’ad con il contratto co.co.co da 2,4 milioni

by Sergio Rizzo, Corriere della Sera | 20 Marzo 2016 17:50

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Come sia stato possibile che al ministero delle Infrastrutture nessuno, per anni, si fosse accorto dell’andazzo, appartiene alla sfera dei misteri italiani. Eppure una spesa per consulenze che in un decennio supera allegramente 132 milioni di euro, per un’azienda pubblica che ne incassa, sì e no, 150 l’anno, e ha 311 (trecentoundici) milioni di debiti, non può non saltare all’occhio dell’azionista. Perché il ministero è appunto il padrone della ditta in questione: Ferrovie del Sud Est, con sede a Bari. È la società che gestisce in Puglia mille chilometri di binari più autobus per i pendolari. Così disastrata che quando il nuovo presidente Andrea Viero, nominato dal ministro Graziano Delrio nel tentativo di rimettere le cose in sesto, ci ha ficcato il naso, ha capito che il commissariamento era inevitabile. E non soltanto perché oltre 1.400 cause di lavoro in un’azienda con 1.393 dipendenti rappresentino un elemento indiscutibile di sofferenza. L’agghiacciante relazione che lo stesso Viero, ora commissario, ha appena finito di scrivere, consegna alla cronaca fatti inimmaginabili.

L’amministratore unico Luigi Fiorillo, che ha trascorso nell’azienda ben 23 anni, nel periodo intercorso fra il 2006 e il 2012 aveva percepito per quel ruolo 48 mila euro l’anno. Per un totale di 240 mila euro. Ma il suo compenso effettivo aveva raggiunto 13 milioni 750 mila euro: un milione 145 mila euro in media per ognuno di quei 12 anni. Al confronto, la retribuzione dell’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato era una bazzecola. Come si spiega? Al compenso da amministratore si aggiungevano altre sorprendenti prebende, come un contratto da co.co.co (!!!), che nei soli tre anni dal 2004 al 2006 gli avrebbe fruttato 7 milioni 161 mila euro: al ritmo di circa 2,4 milioni l’anno. Molto meno, ma pur sempre una somma considerevole (220 mila euro l’anno) percepiva invece il capo del personale, che però non lavorava a Bari ma nell’ufficio di Roma (perché c’era anche una sede a Roma). Per trasferirsi in seguito direttamente a casa sua. E ogni volta che andava a Bari, ecco l’indennità di trasferta: 98 euro l’ora.

Quindi le consulenze. La relazione dedica un passaggio ai 12 incarichi in tre anni, di cui sei in un solo giorno del 2014, per un totale di 294.550 euro, attribuito allo studio Vernola. Un prestigioso studio barese, famoso anche perché uno dei suoi soci, Marcello Vernola, è stato presidente della Provincia di Bari e parlamentare europeo di Forza Italia. Ma si tratta di briciole, rispetto ad altre voci. Un esempio? «A quanto risulta dalle schede contabili gli onorari liquidati allo studio Schiano a far data dal 2001 a oggi sono stati pari a circa 27 milioni di euro. Tali rilevanti corresponsioni non hanno impedito che si creasse nei confronti dello studio un notevole scaduto che ammonta, secondo quanto rilevato nel corso della due diligence a circa 15,8 milioni di euro». Totale: circa 43 milioni.

Per non parlare dei costi siderali delle forniture. La rinegoziazione di quella del gasolio per la ferrovia ha fatto risparmiare 200 mila euro al mese. Quella delle polizze assicurative, invece, oltre un milione l’anno. Di proroga in proroga, le aveva gestite per una dozzina d’anni sempre lo stesso broker con la medesima compagnia. E quando due anni fa l’appalto era stato incidentalmente vinto da un’altra compagnia, l’amministratore unico aveva annullato la gara e aveva riaffidato l’affare alla solita ditta.

Il tutto in un caos contabile e operativo indescrivibile. La relazione racconta di servizi indecenti, un’evasione tariffaria mostruosa e senza «sostanziale attività di contrasto». Intanto ai pendolari, furibondi, venivano destinati treni con un età media di oltre vent’anni e locomotori del 1959. E un parco autobus con 90 mezzi su 325 inutilizzabili. Mentre tre treni Stadler, comprati per 5,6 milioni otto anni fa, non hanno mai trasportato neanche un passeggero.

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