Sorpresa, frena il CO2 “Il mondo ha imparato a inquinare meno”

Sorpresa, frena il CO2 “Il mondo ha imparato a inquinare meno”

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Un colpo di freno all’effetto serra. L’accordo di Parigi, a dicembre, per un contenimento globale delle emissioni di anidride carbonica era soprattutto un gettare il cuore oltre l’ostacolo: pochi gli strumenti concreti messi in campo. Adesso, però, si scopre che il mondo si sta già muovendo da solo nella direzione necessaria a fermare il riscaldamento globale: nel 2015, per il secondo anno di fila, le emissioni di CO2 legate all’energia (i due terzi del totale) sono rimaste ferme al record raggiunto nel 2013. Non se lo aspettava nessuno. Finora, dal 1995, le emissioni erano sempre aumentate, anno dopo anno, tranne durante l’ultima recessione. Ma, negli ultimi due anni, l’economia mondiale è cresciuta. Siamo arrivati al punto massimo e possiamo pensare che, d’ora in poi, possano declinare?

Le notizie che arrivano dal fronte del clima continuano ad essere pessime. Febbraio è stato il mese più caldo mai registrato, a conferma della spirale ascendente del riscaldamento globale, e più si fanno i conti, più c’è da spaventarsi: ieri uno studio ha calcolato che 13 milioni di americani che vivono sulle coste rischiano di vedere le loro case sommerse dal mare nei prossimi decenni. Ma i dati diffusi dalla Iea — l’Agenzia internazionale dell’energia che raccoglie i paesi industrializzati dell’Ocse — indicano che, anche al di là delle volontà politiche, si sono finalmente messi in moto processi economici di fondo che danno un aggancio, assai più solido delle oscillazioni dei governi, al compito di circoscrivere e contenere l’effetto serra. Finora, nota la Iea, le emissioni erano rallentate solo all’inizio degli anni ’80, nel 1992 e nel 2009, cioè in concomitanza con le recessioni globali. Il trend, però, aveva subito ripreso ad accelerare. Fra il 2008 e il 2009, le emissioni erano bruscamente scese da 28,76 gigatonnellate a 28,21. Ma già nel 2010 erano schizzate di nuovo a 29,7. Tuttavia, dopo aver toccato, nel 2013, le 32,07 gigatonnellate, le emissioni si sono praticamente fermate: solo 32,13 nel 2014 e altrettante nel 2015. Contemporaneamente, l’economia mondiale è però cresciuta di oltre il 3 per cento in tutt’e due gli anni. «Il collegamento fra emissioni e crescita economica sembra saltato», nota Fatih Birol, il direttore esecutivo della Iea. È un punto chiave: ogni dollaro in più di Pil mondiale, adesso, contiene sempre meno anidride carbonica.

La leva decisiva che sta rendendo questo possibile è la Cina e il nuovo corso di Pechino. Più esattamente, ad incidere è l’interazione di quattro fattori: America, Cina, carbone, rinnovabili.

Negli Usa, l’anno scorso le emissioni di CO2 sono diminuite del 2 per cento, grazie alla trasmigrazione epocale della produzione di energia dal carbone (il più inquinante dei combustibili fossili) al gas, reso largamente disponibile dalla rivoluzione delle nuove tecniche di fracking. Ma lo stesso è avvenuto in Cina, anche senza fracking: le emissioni sono diminuite dell’1,5 per cento, grazie al crollo verticale dell’uso del carbone nelle centrali elettriche. Resta la fonte principale di energia, coprendo il 70 per cento del fabbisogno cinese. Ma, solo quattro anni fa, il carbone rappresentava l’80 per cento. È possibile pensare che le emissioni cinesi, che avrebbero dovuto raggiungere il picco nel 2030, secondo gli impegni presi a Parigi, comincino a declinare molto prima. Contemporaneamente, sempre in Cina, il peso delle energie alternative è cresciuto altrettanto: dal 19 al 28 per cento. E il boom delle energie alternative non è solo cinese. Purtroppo, le riduzioni nella CO2

americana e cinese sono state inghiottite dai contemporanei aumenti in Medio Oriente, in Asia e, a sorpresa, anche in Europa. Ma l’avanzata delle rinnovabili è mondiale. Spinte da quasi 330 miliardi di dollari di nuovi investimenti, le energie alternative hanno coperto il 90 per cento delle nuove centrali elettriche, grazie soprattutto al ricorso all’idroelettrico e al vento.

Basta? No. Globalmente, il carbone rappresenta ancora il 39 per cento della produzione di elettricità e le rinnovabili solo il 24. E, se la strada sembra tracciata e lo spazio delle rinnovabili destinato inevitabilmente ad aumentare, il tempo per arrivare al traguardo potrebbe rivelarsi troppo lungo. Oggi, il mondo, fra energia e altre fonti, come la deforestazione, produce circa 50 gigatonnellate, cioè miliardi di tonnellate, di anidride carbonica. Nel 2030, anche se tutti gli impegni presi a Parigi venissero rispettati, si arriverebbe a 55-60 giga. Siamo largamente fuori bersaglio. Per avere almeno il 50 per cento di possibilità di non sfondare un aumento di 2 gradi delle temperature, occorrerebbe un drastico taglio a 36 gigatonnellate. In cinese si potrebbe dire che ci aspetta una lunga marcia.



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