Dilma al contrattacco: «Indignata e vittima di un’ingiustizia»

Dilma al contrattacco: «Indignata e vittima di un’ingiustizia»

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Nunes si è incontrato con vari funzionari Usa, alcuni dei quali molto vicini a Hillary Clinton. Nunes è una figura molto importante di opposizione

«Sono indignata. Mi sento vittima di una grande ingiustizia. Continuerò a lottare come ho fatto per tutta la vita».

Con queste parole, la presidente brasiliana Dilma Rousseff ha parlato ai giornalisti dopo il via libera all’impeachment dato dalla Camera domenica con i 2/3 dei voti. Entro 48 ore, la Commissione speciale del Senato, nominata ieri, dovrà scegliere il presidente e il relatore.

Una decisione attesa per la prossima settimana, considerando che il 21 è giorno di ferie. Dopo, la Commissione avrà tempo 10 giorni per analizzare il procedimento contro Rousseff e elaborare un rapporto che verrà discusso e sottoposto a voto durante la plenaria del Senato, il quale deciderà – a maggioranza semplice – se archiviare o mandare avanti il processo.

Se il procedimento viene accolto dal Senato, la presidente sarà sospesa dall’incarico per 180 giorni e sostituita dal vicepresidente Michel Temer, anch’egli sotto impeachment per aver presumibilmente truccato il bilancio governativo per renderlo accettabile a livello elettorale. Se Dilma perde anche in Commissione, le sessioni del Senato deputate a decidere (con maggioranza dei 2/3) verranno dirette dal presidente del Supremo Tribunale Federale. «Temer rappresenta il ritorno della disuguaglianza in Brasile», ha detto il leader dei Sem Terra, Joao Pedro Stedile.

Da giorni, la sinistra e i movimenti si mobilitano contro «il golpe istituzionale» messo in moto dai poteri forti a uso di una destra screditata e corrotta.
Il presidente del parlamento, Eduardo Cunha, che ha messo in moto l’impeachment è sotto inchiesta per sottrazione di soldi pubblici e malaffare, ed è finora riuscito a evitare il carcere grazie all’immunità parlamentare.

Tre giornalisti che hanno reso pubblico lo scandalo del Datagate portato in luce da Snowden – Glenn Greenwald, Andrew Fishman e David Miranda – hanno denunciato il viaggio di tre giorni negli Usa compiuto da senatori di opposizione come Aloysio Nunes, del Psdb subito dopo il voto d’impeachment. Nunes si è incontrato con vari funzionari Usa, alcuni dei quali molto vicini a Hillary Clinton. Nunes è una figura molto importante di opposizione.

Candidato alla presidenza nel 2014 per il Psdb contro Rousseff, ora sta tessendo le fila dell’impeachment al senato. Greenwald ricorda il conflitto sostenuto da Dilma durante il Datagate, quando venne fuori che la Nsa aveva spiato sia lei che l’impresa petrolifera di Stato, Petrobras.

E si sa che Washington non considera il Brasile un posto sicuro per i suoi capitali: men che meno se, per il 2018, tornasse alla presidenza Lula da Silva, che Dilma ha nominato capo di Gabinetto, ma che i giudici hanno bloccato.

D’altro canto – ricordano i tre giornalisti – gli Usa hanno una lunga storia di ingerenze e destabilizzazione in America latina, proseguita anche dopo il colpo di stato militare in Brasile del 1964, che le destre rimpiangono: nel 2002 contro Hugo Chavez, poi ad Haiti contro Jean-Bertrand Aristide.

E il sostegno dell’allora segretaria di Stato, Hillary Clinton al golpe contro Manuel Zelaya in Honduras, fu determinante, come lei stessa ammette. Contro Rousseff, si sta mettendo in opera una procedura simile a quella che, nel 2012, ha destituito l’ex vescovo Fernando Lugo in Paraguay: anche in quell’occasione, fu il vicepresidente Federico Franco a chiudere la breve parentesi progressista, riportando a destra il paese.



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