Le notti di Parigi
PARIGI «Adesso che siamo insieme le cose vanno meglio», si legge sul pavimento della piazza. La frase del drammaturgo libano-canadese Wajdi Mouawad dice molto del perché dal 31 marzo a oggi tutte le sere centinaia di parigini si raccolgono in place de la République.
«Nuit debout», notte in piedi, è un movimento che intanto cambia i nomi dei giorni — ieri non era il 25 aprile ma il 55 marzo —in attesa di trasformare il mondo: ci sono le commissioni «internazionale», «diritto», «serenità» (ovvero il servizio d’ordine), «digitale», «economia» e molte altre. Si discute di tutto, dalla solidarietà ai migranti alla lotta contro lo specismo (in virtù del quale gli uomini mangiano gli altri animali); si tengono seminari sulla differenza tra scheda bianca e astensione, sulla repressione in Egitto, si affronta la questione del femminismo in tre assemblee distinte: mista, riservata a donne e transessuali e alla comunità LGBT. Sui volantini è stampato una specie di manuale dei gesti utili durante i dibattiti: alzare e ruotare le mani indica approvazione, pugni chiusi e avambracci incrociati significano opposizione, pugni a mulinello sopra la testa vogliono dire «già detto, taglia corto». Accanto agli smartphone che grazie a Periscope rilanciano le assemblee in diretta su Twitter, ecco i vecchi megafoni per farsi sentire nella piazza tra i rumori del traffico e gli inevitabili suonatori di bongo.
«Tutti possono prendere la parola e si vota per alzata di mano, cerchiamo di informarci, capire e immaginare un futuro migliore senza farci intontire dalla tv e dagli altri media», dice Olivier Benchel, 23enne studente di sociologia, che è venuto qui il 31 marzo e non ha più mancato una notte in piedi. Tutto è nato dall’opposizione alla legge El Khomri, ovvero la riforma del codice del lavoro che vorrebbe rendere più facile l’accesso dei giovani al mercato, e che molti giovani combattono come il Male perché la trovano un’ennesima, pigra ripetizione dello schema neo-liberale abbracciato dal partito socialista: «Il governo tutela i padroni, i padroni chiudono le fabbriche, la disoccupazione aumenta, per farla diminuire il governo incentiva il precariato, le aziende continuano a non assumere e i disoccupati crescono ancora, e intanto decenni di lotte sindacali vanno in fumo», riassume Jean, trentenne furibondo con Hollande e la sua «sinistra traditrice».
La «Nuit debout» si sta allargando a molte città della Francia, soprattutto a Ovest (Nantes, Rennes, Tolosa), mentre a Parigi il movimento comincia a suscitare qualche irritazione. L’atmosfera in place de la République sa di fratellanza, ma anche senza contare gli incidenti (un’auto della polizia data alle fiamme, un uomo gravemente ferito cadendo dalla statua, qualche scontro con gli agenti), crescono i dubbi attorno a una mobilitazione che oscilla tra sogno di rinnovamento e grande happening dell’estrema sinistra eterna, tra venditori di falafel e birre, giocolieri, canzoni di Manu Chao e gesti situazionisti. Un paio di settimane fa qualche invasato del «ritorno alla terra» ha divelto le lastre del pavimento per piantare semi e fondare un orto urbano (place de République era stata da poco ristrutturata con una spesa per il Comune di 24 milioni di euro).
Il filosofo accusato di essere «neo-reazionario» Alain Finkielkraut una sera si è affacciato con la moglie, ed è stato cacciato in malo modo. Incidente prevedibile, che ha fatto male all’immagine del movimento. Se gli «Indignados» di Puerta del Sol a Madrid cercavano di allargare la partecipazione democratica rifiutando la divisione destra-sinistra, Nuit debout sembra scartare in partenza chi non è di sinistra, poi chi ha simpatie per la gauche al governo (quasi peggio), poi quanti non si riconoscono nella triade anticapitalismo-decrescita-antagonismo.
Il maître à penser non ufficiale ma sempre più riconosciuto è l’economista Frédéric Lordon, meno naif delle signore che ogni tanto arrivano sorridenti in piazza portando cibo e vestiti: «Non siamo qui per essere amici di tutti, non portiamo la pace, non abbiamo alcun progetto di unanimità democratica», dice duro Lordon. Ieri l’assemblea si è spostata al teatro dell’Odéon, in solidarietà con gli «intermittenti dello spettacolo» che lo occupano da due giorni. «I soldi ci sono! Costruiamo nuovi diritti!», si legge sullo striscione. La Nuit debout punta ora ad allearsi con i sindacati per organizzare un grande sciopero generale, rito bloccato non meno della società che vuole rinnovare.
Stefano Montefiori
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