Ai primi 10 manager oltre 5 milioni

Ai primi 10 manager oltre 5 milioni

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Bonus milionari, buonuscite d’oro, premi alla carriera e una pioggia di “azioni-omaggio” regalano un altro anno da incorniciare ai manager di Piazza Affari. Gli stipendi 2015 dei numeri uno delle società quotate, con buona pace di un Pil che stenta a decollare, hanno riaggiornato tutti i loro record: quattro super- Paperoni si sono messi in tasca un assegno superiore ai 10 milioni, in dieci hanno sfondato il muro dei cinque, oltre 50 fortunati – tra cui sei dirigenti di aziende pubbliche – sono entrati nel Club esclusivo dei billionaire, riservato a chi in busta paga ha più di due milioni l’anno.

Il re incontrastato di questa classifica – per il secondo anno consecutivo e per distacco – è Sergio Marchionne che si è messo in tasca in dodici mesi 54,5 milioni, qualcosa come 150mila euro al giorno. L’ad di Fca ha legato gran parte dei compensi, l’86% del totale nel 2015, a bonus proporzionali ai risultati di bilancio. Meglio va l’azienda, più lui guadagna. La strategia ha pagato: l’anno scorso ha ricevuto un compenso in contanti di 11,5 milioni (di cui 6,5 come premi) più 3,9 milioni di azioni Fca e 2,1 di Cnh – il produttore di mezzi per l’agricoltura controllato da Exor – assegnate gratuitamente per aver centrato i target di utile netto, reddito operativo e debito fissati negli anni precedenti.

Il salvataggio della Fiat, la corsa dei titoli del Lingotto e il ruolo di gran cerimoniere nelle nozze con Chrysler hanno regalato a Marchionne dal 2004 ad oggi un piccolo tesoretto a otto zeri: in 11 anni ha incassato tra Exor, Fiat, Cnh, Sgs e Philip Morris stipendi per quasi 150 milioni. Non solo: in portafoglio, grazie a stock option e ad assegnazioni gratuite di titoli, si ritrova l’1,13% di Fca e 10 milioni di azioni Cnh, che ai prezzi attuali di mercato valgono circa 170 milioni.

Il secondo gradino del podio nella graduatoria dei compensi 2015 a Piazza Affari spetta a Adil Mehboob Khan, passato come una meteora al vertice di Luxottica e uscito di scena con un assegno-record di 13,5 milioni, buonuscita di 6,8 milioni compresa. Alle sue spalle c’è l’uno- due di Italcementi: la fusione con Heidelberg dello scorso luglio ha portato in dote all’azienda qualche centinaio di esuberi ma ha regalato ai vertici una pioggia d’oro: 11,5 milioni per l’ad Giovanni Battista Ferrari, 10,4 (stipendio Italmobiliare compreso) per l’ex azionista di riferimento Carlo Pesenti.

L’elenco dei soci di riferimento che si auto-premiano regalandosi stipendi da sogno come manager, del resto, è lungo: Pietro Salini – azionista di controllo dell’omonima azienda di costruzioni – ha guadagnato 8,8 milioni di cui 6,7 di bonus, Alberto Bombassei (Brembo) si è staccato un assegno di 5,2 milioni, Francesco Caltagirone (Cementir) si è accontentato, si fa per dire, di 3,5 milioni. Molto più parco, per dire, è stato Pier Silvio Berlusconi, che nel 2015 si è dovuto accontentare di una busta paga di 1,4 milioni e di un premio- bonsai di 36mila euro da Mediaset, surclassato da Fedele Confalonieri e Giuliano Adreani che veleggiano ben oltre i 3 milioni.

Un capitolo a parte merita la Popolare di Vicenza, travolta dalla crisi e dalle perdite (1,4 miliardi nel 2015) e costretta a un aumento di capitale che metterà definitivamente in ginocchio i soci. A pagare il conto però non sarà l’ex ad Samuele Sorato, il manager che ha messo la sua firma sotto questi risultati: lui è uscito di scena con in tasca una buonuscita da 4 milioni di euro. E al suo posto è arrivato Francesco Iorio, che per prendere in mano la patata bollente della banca ha preteso una buona-entrata di 1,8 milioni.

Telecom Italia, ex regina di queste graduatorie di stipendi negli anni di vacche grasse, naviga ora mestamente a metà classifica: l’ex ad Marco Patuano ha chiuso il 2015 in 40esima posizione con una busta paga da 2,4 milioni, dietro persino al numero uno dell’Autostrada Torino- Milano e all’ad di Yoox. Sia lui che l’ex monopolio delle tlc avranno però occasione di rifarsi quest’anno: Patuano incasserà una liquidazione di 7 milioni di euro, lo zuccherino con cui è stato accompagnato alla porta da Vivendi. Il suo successore Flavio Cattaneo ha messo invece le basi per far tornare l’azienda agli antichi fasti retributivi: se raggiungerà gli obiettivi previsti dal piano aziendale al 2019, la società gli dovrà pagare uno “special award” che potrebbe arrivare fino a 55 milioni. Un superpremio contestato nelle scorse settimane (senza successo) da sindaci e piccoli azionisti della società.



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