Carcere, Breivik vince la causa

by Guido Caldiron, il manifesto | 21 Aprile 2016 9:35

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Paradossi volteriani. È difficile credere che qualcuno potrà mai eguagliare nell’orrore il ruolo che Anders Behring Breivik ha scelto di giocare nella recente storia norvegese. L’estremista di destra che il 22 luglio del 2011 seminò la morte tra il centro di Oslo e l’isola di Utoya, uccidendo 77 persone e ferendone oltre 240, rimarrà probabilmente per sempre «l’uomo nero» nella memoria del paese; l’interprete di un odio talmente assoluto da trasformarsi in una aperta volontà di morte. In futuro, il nome di Breivik che finì con un colpo alla nuca alcune delle sue giovani vittime che partecipavano a un campeggio dell’organizzazione giovanile socialdemocratica, additandole come dei «complici dell’invasione multiculturalista», potrà diventare sinonimo del razzismo che avvelena sempre più anche le società scandinave. Proprio come è stato per Vidkun Quisling, l’uomo che aprì le porte della Norvegia ai nazisti invasori, finito nel tempo per indicare l’archetipo del collaborazionismo con il Terzo Reich.

Eppure, i norvegesi, per quanto non esenti almeno in parte da quelle pulsioni xenofobe che Breivik ha trasformato in autentici deliri razziali, non hanno mai pensato di offrire allo stragista di Oslo il riconoscimento che forse ricercava più di ogni altro: quello di essere in grado di cambiare con il suo tragico gesto il corso degli eventi e il profilo stesso del paese. In nessun momento si è pensato di varare leggi d’eccezione o di adottare misure speciali che mettessero in qualche modo in discussione i principi dello stato di diritto. In ogni caso, i diritti e il trattamento riservati prima all’imputato, condannato nel 2012 a 21 anni di carcere, il massimo della pena per la giustizia norvegese, e quindi al detenuto Breivik, sono stati presi in esame più volte.
Questo, fino alla sentenza con cui un tribunale di Oslo ha dato ragione allo stesso estremista di destra che aveva presentato una denuncia per «trattamento inumano» per il regime di isolamento cui è stato sottoposto in questi primi cinque anni di carcerazione.

Rinchiuso nella prigione di Skien, località ad un centinaio di chilomtri dalla capitale, il 37enne Breivik aveva incaricato il suo legale di denunciare le autorità norvegesi per la presunta violazione di due articoli delle Convenzione europea dei diritti umani: quello che riguarda gli standard minimi per quanto riguarda la durata dell’isolamento e le sue possibili conseguenze sullo stato psicologico di un detenuto e quello relativo al controllo della corrispondenza. Prima di ricorrere alla giustizia, l’uomo aveva in precedenza scritto alla direzione del carcere, sostenendo come la cella di tre stanze in cui è recluso, una in cui vive, l’altra in cui studia, una terza per fare ginnastica, dove può cucinare, usare la lavatrice, guardare la televisione, giocare alla playstation e utilizzare un pc, ma senza collegamento ad internet, rappresentasse un trattamento “degradante”. «Dubito fortemente che esista un luogo di detenzione peggiore in Norvegia», aveva scritto Breivik in una missiva fatta arrivare anche alla stampa.

Quanto al procuratore di stato, aveva difeso la scelta dell’isolamento per evitare che il detenuto, divenuto un simbolo degli ambienti della destra radicale di tutta Europa, potesse cercare di mettersi in contatto con una «rete estremista» esterna o cercare di costruirne una dentro il carcere. In occasione della prima udienza del suo processo, Breivik che ha sempre rivendicato la strage di Oslo dicendo di non aver eliminato abbastanza «nemici», era entrato in aula facendo il saluto nazista. In seguito ha scritto una lettera a Beate Zschäpe, la neonazista tedesca unica sopravvissuta del gruppo terroristico Nsu, sotto processo a Monaco di Baviera per l’omicidio di nove immigrati e di una poliziotta, in cui spiegava, «siamo entrambi dei martiri della rivoluzione conservatrice e tu dovresti essere estremamente orgogliosa dei tuoi sforzi. Tutti e due siamo tra le prime gocce di pioggia che ci indicano che un’enorme tempesta purificatrice si sta avvicinando all’Europa».

D’ora in poi potrà incontrare altri detenuti, ma il controllo sulla sua corrispondenza resterà molto stretto. Di Breivik, in Norvegia si continuerà a discutere a lungo.

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