Guardie europee per pattugliare mari e frontiere c’è l’intesa della Ue

Guardie europee per pattugliare mari e frontiere c’è l’intesa della Ue

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BRUXELLES Nasce la guardia europea di confine. Si tratterà di un servizio di sorveglianza delle coste e delle frontiere esterne della Ue che agirà in coordinamento con gli Stati membri ma che potrà intervenire autonomamente in caso di emergenza anche senza una loro richiesta. Il nuovo organismo sarà altresì competente per il rimpatrio degli irregolari.

I ministri Ue dell’Interno, riuniti ieri a Lussemburgo, hanno approvato la proposta presentata a inizio anno dalla Commissione. Si apre ora la fase della discussione con il Parlamento europeo, che dovrebbe arrivare a votare il provvedimento entro giugno, in modo che possa poi essere approvato in via definitiva dal vertice dei capi di governo il 28 giugno. L’obiettivo è che il nuovo servizio possa essere operativo già a settembre. Ma secondo il commissario all’imigrazione, Avramopoulos, i primi interventi della guardia europea potrebbero arrivare già a luglio.

Si tratta di una novità importante perché dà concretezza al principio, enunciato dagli accordi di Schengen ma mai messo in pratica, che le frontiere esterne della Ue sono una responsabilità comune da gestire con strumenti comuni. Una prima idea della Commissione era stata proporre la creazione di un corpo completamente autonomo di guardacoste e polizia di frontiera dipendente direttamente da Bruxelles. In un secondo momento, l’esecutivo comunitario ha dovuto ripiegare, anche per ragioni di fattibilità pratica, su un corpo di pronto intervento, potenzialmente forte di 1.500 uomini che verranno messi a disposizione dagli Stati membri, e che deve essere pronto intervenire entro 72 ore. I dettagli del funzionamento del nuovo servizio, emanazione di Frontex, devono essere ancora definiti attraverso il negoziato con il Parlamento europeo. Comunque la proposta iniziale della Commissione prevedeva che la guardia europea potesse intervenire in caso di emergenza anche senza il consenso preventivo dei governi interessati.

Altro elemento cruciale per l’Italia è che il nuovo corpo di guardie di frontiera avrà anche un apposito ufficio responsabile per il rimpatrio dei migranti irregolari. «Sulla guardia di frontiera europea siamo andati avanti, e si chiuderà la partita entro giugno. — ha spiegato ieri il ministro dell’Interno Alfano — Qui c’è accordo, e la cosa importante è che in quel contesto sarà istituito un ufficio appositamente per i rimpatri. L’obiettivo è che, una volta che si è stabilito che i migranti irregolari devono essere rimpatriati, il loro rimpatrio diventi la strategia centrale per tutta l’Ue, e in particolare per il nostro paese, che di irregolari ne ha tanti».

Ieri Alfano ha anche confermato che il progetto di un migration compact presentato dall’Italia ha ricevuto il sostegno di molti governi: «Hanno detto in tantissimi che questo approccio è concreto, positivo, e auspicano possa essere deliberato poi a livello di riunione di capi di Stato e di governo». Sulla questione c’è stata anche una lettera che il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker ha inviato a Matteo Renzi, esprimendogli il suo sostegno: «Saluto molto favorevolmente la tua iniziativa che conferma il bisogno di un approccio europeo all’immigrazione, che io ho perorato fin dalla mia elezione come presidente della Commissione. Conto sul tuo continuo sostegno e di lavorare in stretto contatto con te in questo sforzo molto importante».

Un riconoscimento che Renzi ha accolto con soddisfazione. «In un anno è cambiato molto, anche per le dinamiche che hanno riguardato Balcani e Turchia. Si è capito che quando l’Italia chiedeva di investire in Africa non lo faceva per gusto di farlo ma come ragionamento politico», ha detto il premier, aggiungendo che « c’è un buon clima con le istituzioni Ue rispetto a qualche mese fa».

Sui termini concreti della proposta italiana, che vorrebbe estendere ai Paesi africani il tipo di accordo fatto con la Turchia che prevede forti finanziamenti in cambio dell’impegno a riprendere i migranti irregolare e a frenare il flusso dei profughi, stanno però emergendo le prime riserve. Secondo la presidenza di turno olandese «i Paesi dall’altra parte del mare Mediterraneo che si affacciano sull’Italia non sono come la Turchia, e quindi non possiamo limitarci a copiare il modello di quell’accordo». La Germania da parte sua ha già bocciato l’idea di finanziare l’operazione con l’emissione di euro- bond. Quanto a Juncker, nella lettera a Renzi, a proposito del finanziamento ai Paesi africani fa riferimento al già esistente «Trust fund Ue-Africa» come a un possibile modello. Ma il Trust fund conta attualmente su una dotazione di 1,8 miliardi per tutta l’Africa, mentre solo per la Turchia la Ue ha già accettato di versare 6 miliardi di euro.

La distanza da colmare resta evidentemente enorme.

 



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