“Una palla di fuoco nel cielo” precipita il volo Parigi-Cairo Incubo bomba a bordo

“Una palla di fuoco nel cielo” precipita il volo Parigi-Cairo Incubo bomba a bordo

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IL CAIRO UNA PROCESSIONE dolente e muta taglia lo smog del Cairo, ecco lì una famiglia in lacrime, una ragazza che si dispera al telefonino su un divano del terminal “arrivi”, una donna che corre con l’hijab nero. Non c’è un filo d’aria, non una nuvola per capire il disastro aereo che li ha travolti. Non sotto questo sole. Come nello schianto dell’aereo russo precipitato a ottobre nel Sinai.

NON ci sono bufere, nessun nubifragio che ti dia un comodo perché. Lassù in volo il comandante dell’EgyptAir Parigi-Cairo deve aver rassicurato gli ospiti mezzi addormentati, nel cuore della notte: viaggiamo a 37mila piedi, il tempo è ottimo, arriveremo al Cairo alle 3,15 ora locale… E invece è venuto giù in un attimo, un paio di secche virate inspiegabili e… Ore 0,39, il volo MS804 si schianta nel Mediterraneo, al largo dell’Isola di Creta. Venti minuti dopo i controllori di volo greci avvertono i colleghi egiziani: lo abbiamo perso.

Forse non se ne sono neppure accorti, lassù. Probabilmente dormivano, forse il comandante non li aveva ancora svegliati per avvertire di prepararsi all’atterraggio. C’erano due neonati e un bambino, tra i 56 passeggeri. Trenta egiziani, 15 francesi, 2 iracheni, un britannico, un belga, un kuwaitiano, un saudita, un sudanese, un ciadiano, un portoghese, un algerino e un canadese. E dieci membri dell’equipaggio, con tre guardie in borghese della compagnia aerea per sventare un possibile attentato. Ora invece ci sono i loro parenti arrabbiati, delusi, tristissimi. Vorrebbero informazioni che nessuno sa dare: dov’è finito l’aereo? È davvero precipitato? «Non date retta ai pettegolezzi, non ci sono informazioni», replicano a lungo le autorità egiziane.

Al terminal, mentre i turisti indaffarati in arrivo verso una metropoli caotica fanno la trafila dell’immigrazione il team della compagnia e l’unità di crisi allestite dal governo egiziano accolgono i parenti in arrivo e li indirizzano alla sala “servizi per i voli”, in un’area riservata dello scalo. La processione durerà ore. Di tanto in tanto i parenti escono a prendere una boccata d’aria tra decine di troupe giornalistiche, e qualcuno si sfoga: «Non ci dicono nulla, là dentro!». Al terminal arrivano le autorità. Sherif Fathy, ministro dell’Aviazione civile, convoca una conferenza stampa e avverte: «Non abbiamo altra informazione a parte questa: un aereo è scomparso». Ma le notizie in un modo o nell’altro arrivano, quelle ufficiali necessariamente prudenti, ma anche quelle raccolte dai media di tutto il mondo. E non sono buone notizie. Parlano di un possibile attentato, forse di una bomba. Diverse navi mercantili hanno avvistato una palla di fuoco in cielo, nella zona dove è sparito l’aereo. Qualcuno si sente male, alcuni svengono e una donna viene portata via in ambulanza. Lo stress e il dolore sono un cocktail terribile. Ci sono psicologi e medici a soccorrere chi non ce la fa. Presto anche le autorità egiziane, che tutto vorrebbero fuorché dover prendere atto di un «probabile attentato terroristico», sono costrette a capitolare e ad ammettere che l’ipotesi di un attentato «non può essere esclusa».

Non è un’inchiesta che si chiuderà in un giorno, ormai è chiaro. Per i parenti delle vittime che non possono o non vogliono tornare a casa occorre trovare una sistemazione, e l’Egitto ne offre due diverse. Due hotel separati vicino all’aeroporto, per non mischiare i dolori dei viaggiatori e del personale di bordo come prevedono le procedure, soprattutto fino a quando non sia chiaro cosa abbia fatto precipitare l’aereo. Così, le lacrime dei parenti di piloti e hostess con le lunghe tuniche islamiche si confondono tra le urla degli invitati a un matrimonio in perfetto stile occidentale, la sposa che ride forte in abito bianco e la nonna con l’hijab che rimprovera la zia perché si sofferma troppo con i giornalisti.

A sera fatta, al terminal 3 ecco una nuova ondata di dolore: le famiglie delle vittime francesi, in arrivo da Parigi mentre ancora rimbalzano le notizie, non del tutto confermate ma sempre più insistenti, sul ritrovamento di parti dell’aereo, persino dei giubbotti di salvataggio. Non si sa ancora con certezza come siano morti, ma nessuno spera pù che ci sia qualcuno vivo. Ormai persino la compagnia ammette di aver identificato i rottami dell’aereo, nell’Egeo (anche se le autorità greche sono più caute e non confermano il ritrovamento). E i satelliti spia Usa lasciano pochi dubbi: ad abbattere quell’Airbus guidato da un comandante esperto dev’essere stata un’esplosione a bordo.



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