Abolizione dei visti per i cittadini turchi Bruxelles si muove

Abolizione dei visti per i cittadini turchi Bruxelles si muove

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BRUXELLES I commissari Ue hanno in programma oggi una delicata valutazione dei progressi fatti dalla Turchia, per poi decidere se proporre ai 28 governi e all’Europarlamento di varare la liberalizzazione dei visti d’ingresso nell’area europea di Schengen. Questa possibilità per 75 milioni di turchi, nonostante l’opposizione di molti governi Ue, è stata inserita nell’accordo Ue-Turchia, che assegna sei miliardi e altre concessioni al governo di Ankara per bloccare o riaccogliere dalla Grecia i profughi siriani e iracheni diretti principalmente in Germania.

La cancelliera Angela Merkel, principale promotrice dell’avvicinamento di Bruxelles al controverso presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aveva fatto intendere ai Paesi membri dissidenti una impossibilità di fatto di rispettare le 72 condizioni necessarie per ottenere la liberalizzazione dei visti verso l’Ue entro giugno. In particolare a Bruxelles escludono che la Turchia possa raggiungere rapidamente livelli adeguati di rispetto della libertà di informazione e degli altri diritti fondamentali oppure rinunci alla repressione violenta della minoranza curda o introduca efficaci provvedimenti anticorruzione. Ma Erdogan, attraverso il suo premier Ahmet Davutoglu, ha preteso comunque una accelerazione con la minaccia di far saltare l’accordo sui rifugiati, se la concessione sui visti non arriverà entro il 30 giugno prossimo.

Il Parlamento turco sta procedendo con ritmi serrati (e in un clima surriscaldato) per approvare alcune leggi richieste dall’Unione Europea. Una di queste apre l’accesso senza visto ai cittadini degli ultimi 11 Stati Ue ancora non riconosciuti da Ankara, tra cui spiccano i greco-ciprioti, impegnati in un antico contenzioso con la parte turca dell’isola riconosciuta da Ankara.

Merkel, per rassicurare il presidente francese François Hollande e altri leader Ue, avrebbe chiesto alla Commissione di inserire delle clausole di salvaguardia in grado di far scattare la sospensione del libero ingresso dei turchi in Europa, in caso di necessità. Erdogan era contrario. Ora avrebbe capito che questa soluzione potrebbe far superare le resistenze di alcuni governi non toccati (a differenza della Germania) dai flussi di rifugiati siriani e iracheni.

Nelle istituzioni di Bruxelles trapela un orientamento positivo di una parte della Commissione, bilanciato dalla preoccupazione che, se si cede con un compromesso sui visti, prima o poi la Turchia arriverà a pretendere il completamento del processo di adesione all’Ue. L’esigenza di rimpatriare i rifugiati dalla Grecia, che ha portato a far definire «sicuro» il Paese di Erdogan (per non violare le leggi internazionali in quelli che altrimenti potrebbero essere ritenuti respingimenti di profughi), già ha sollevato molte perplessità in vari Stati europei.

La Commissione ha in agenda anche di proporre una riforma del Trattato di Dublino, che assegna i rifugiati al Paese di primo sbarco ed è sollecitata dall’Italia (ma si scontra con l’opposizione di molti governi), e la richiesta di Germania, Francia, Austria, Belgio, Svezia e Danimarca di estendere di altri sei mesi i controlli temporanei alle frontiere.

Ivo Caizzi



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