Caos liste a Roma escluso Fassina “Vizi non sanabili” “Ma farò ricorso”

Caos liste a Roma escluso Fassina “Vizi non sanabili” “Ma farò ricorso”

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ROMA Nella campagna amministrativa più incerta della storia, almeno per quanto riguarda Roma e Milano, l’esito del voto potrebbe essere deciso dalle Commissioni elettorali circondariali, ancor prima che dalle urne.

Stando ai sondaggi, infatti, la vittoria in entrambe le città è appesa a una manciata di voti: sotto la Madonnina, il candidato del centrosinistra Beppe Sala è impegnato in un serratissimo testa a testa con quello del centrodestra Stefano Parisi; all’ombra del Colosseo si gioca invece una partita a quattro, con la grillina Virginia Raggi nettamente avanti e ben tre sfidanti — Giorgia Meloni (FdI-Lega), Roberto Giachetti (per il centrosinistra a trazione Pd) e il civico Alfio Marchini (con il sostegno di Fi e Destra) — tutti più o meno appaiati nella corsa per il ballottaggio. A fare la differenza potrebbero dunque essere le liste presentate a sostegno dei vari aspiranti sindaci.

Il fatto è che ieri, per motivi diversi, le Commissioni elettorali deputate a vagliare la regolarità delle candidature hanno escluso due partiti in grado di far pendere la bilancia da una parte piuttosto che dall’altra. Il caso più clamoroso a Roma, dove le liste di Stefano Fassina — l’ex viceministro dem in pista per Sinistra Italiana — sono state dichiarate inammissibili per una serie di macroscopici errori: quelle comunali, una civica e una politica, sarebbero in molti casi prive della data di autenticazione delle firme, col risultato di non raggiungere le 2mila sottoscrizioni valide per gareggiare; mentre gli elenchi per i municipi sarebbero stati compilati su moduli vecchi, non aggiornati in base alle nuove norme della legge Severino.

Due vizi formali, il primo dei quali difficilmente sanabile, che lascerebbero la sinistra radicale senza candidato per il Campidoglio. Uno tsunami che oltre a cambiare segno alla campagna elettorale — con Pd e M5s in festa, convinti di riuscire intercettare una parte di quei voti in libera uscita, al contrario di FdI e Forza Italia, preoccupati del vantaggio che potrebbero averne gli avversari — rischia di far morire in culla la nuova Cosa rossa, nata sulle ceneri di Sel. Ipotesi che lo stesso Fassina, «stupito» per il respingimento, prende neppure in considerazione: «Si tratta di una decisione che, se fosse confermata, altererebbe pesantemente l’esito delle elezioni amministrative nella Capitale. Presenteremo subito ricorso », tuona. Per poi riunire, a tarda sera, tutti i suoi candidati e suonare la carica: «La campagna elettorale continua». Certo della riammissione: «Siamo già al lavoro con un pool di legali», spiega Alfredo D’Attorre, «è stato commesso un errore formale che siamo convinti si possa correggere. La nostra esclusione cancellerebbe la rappresentanza di un pezzo di città».

«Errore materiale» invocato pure da FdI a Milano, fatta fuori perché — di nuovo — mancava la dichiarazione degli aspiranti consiglieri di non rientrare nei casi di incandidabilità previsti dalla Severino. «Stiamo rimediando », ha subito rassicurato l’ex ministro La Russa, «abbiamo già presentato istanza di autotutela ma, se necessario, ci rivolgeremo al Tar e al Consiglio di Stato». Ma c’è chi però grida al complotto: «Sembra che il diavolo ci abbia messo lo zampino», ironizza il senatore Francesco Giro. «È vero che il diavolo è rosso ma non pensavo fosse del Pd! Le liste ricusate a Milano e a Roma ostacolano gravemente i candidati Marchini e Parisi».

 



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