Il nuovo piano per l’accoglienza

by Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera | 30 Maggio 2016 9:24

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ROMA Una distribuzione equa con il trasferimento di 70 migranti per provincia in modo da non gravare solo su Regioni e Comuni. La circolare urgente diramata dal Viminale dopo gli sbarchi degli ultimi giorni, si fa carico di fronteggiare una situazione eccezionale. E infatti coinvolge anche il Friuli Venezia Giulia, generalmente escluso dalla distribuzione in quote, visto che deve far fronte agli arrivi dal Nord. Quanto basta per comprendere quanto alto sia il livello di emergenza. Negli ultimi tre giorni in Italia c’è stata una vera e propria invasione di stranieri partiti dall’Africa. Migliaia di persone sono salpate da porti e spiagge della Libia. Eppure nessuno aveva segnalato quanto stava per accadere: nonostante la presenza di 007 italiani nello Stato africano e l’attenzione massima, anche internazionale, che in questo momento viene dedicata alla possibilità di stabilizzare quel Paese, non c’è stato alcun allarme specifico indirizzato ai vertici del Viminale. E adesso il sistema rischia di andare in tilt. Per questo si stanno pianificando nuovi interventi, misure in vista di un’estate che si annuncia drammatica.

Il flop dell’intelligence

Da mesi gli osservatori internazionali lanciano allarmi sull’intenzione di centinaia di migliaia di migranti pronti a raggiungere l’Europa. Persone provenienti dalla fascia subsahariana che affrontano viaggi massacranti lunghi settimane. Un mese fa, di fronte alle commissioni Esteri e Difesa del Senato, era stato il direttore centrale dell’Immigrazione e della polizia delle frontiere Giovanni Pinto a confermare che «800 mila stranieri, se non di più» erano in attesa di imbarcarsi. Un dato che avrebbe dovuto mettere in stato di allerta l’Aise, la struttura di intelligence che ha il compito di monitorare la situazione all’estero anche per le ripercussioni che può avere sul nostro Paese. E invece non è accaduto nulla.

Da mercoledì, quando il primo peschereccio è salpato da Zwara con a bordo circa 600 persone ed è stato soccorso dalla Marina Militare dopo aver fatto naufragio a poche miglia dalle coste libiche, altre decine di imbarcazioni sono partite. Sabrata, Tripoli, ancora Zwara sono state al centro dei movimenti dei trafficanti e dei migranti che avevano pagato per partire: ma nessuna segnalazione specifica è stata trasmessa. Per far fronte all’emergenza e salvare il maggior numero di vite sono intervenute altre navi della Marina e di Frontex, la Guardia costiera è stata costretta a utilizzare qualsiasi tipo di mezzo.

Le difficoltà sono state causate proprio dal fatto che al di là del Mediterraneo nessuno abbia diramato l’allerta. Eppure è plausibile ritenere che i mezzi stracarichi di persone fossero ben visibili. Quindi bisognerà scoprire che cosa non ha funzionato.

Distribuzione più equa

Il risultato sono più di 700 vittime in mare e 13 mila arrivi in una settimana. Un dato che supera il totale raggiunto nello stesso periodo del 2015: nei primi cinque mesi dell’anno scorso gli «ingressi» dal Mediterraneo furono infatti 41.485, ora siamo oltre i 42 mila. Una situazione resa drammatica dal fatto che il sistema di accoglienza messo a punto dal Dipartimento guidato dal prefetto Mario Morcone ha già in carico oltre 105 mila stranieri che hanno fatto richiesta di asilo oppure sono in attesa del rimpatrio. Tra di loro ci sono migliaia di donne e bambini e moltissimi minori non accompagnati.

Si è così deciso, almeno in questa prima fase di emergenza, di non seguire la distribuzione per quote regionali, ma di assegnare a ogni provincia il compito di sistemare 70 persone. Al momento — in accordo con le prefetture — vengono utilizzate le strutture private già disponibili: residence, edifici delle amministrazioni locali, organizzazioni non governative, stabili di enti religiosi. Ma non durerà a lungo.

Caserme e tendopoli

Ormai si è al limite della capienza, dunque se gli sbarchi dovessero continuare bisognerà mettere a punto un nuovo piano. E utilizzare quelle strutture demaniali che finora si è preferito evitare, prime fra tutte le caserme. Anche perché la maggior parte devono essere ristrutturate, oppure si devono trasformare in tendopoli e con l’arrivo della stagione calda i rischi sono altissimi.

Tra le ipotesi allo studio in queste ore c’è anche quella che prevede l’uso dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. Immobili già pronti per ospitare gli stranieri, preferibilmente le donne con figli o intere famiglie. La sensazione è che tutto si deciderà a fine mese, al termine della campagna elettorale per le amministrative nelle principali città.

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