Staffan de Mistura: “Se la tregua non regge il Califfato si allargherà e sarà fuga verso la Ue”

Staffan de Mistura: “Se la tregua non regge il Califfato si allargherà e sarà fuga verso la Ue”

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VIENNA «Per ora i negoziati di pace a Ginevra non ripartono, non voglio neppure parlare di date perché dobbiamo prima verificare sul terreno cosa cambierà dopo Vienna. Siamo stati noi dell’Onu a chiedere questo vertice dell’International Syria Support Group, e lo abbiamo fatto perché il tavolo del negoziato stava per cedere: la tregua è rispettata soltanto al 50 per cento e gli aiuti umanitari non raggiungono chi è assediato, tra l’altro in un modo che ricorda gli assedi medievali». L’inviato Onu per la Siria, Staffan de Mistura, prova a non perdere l’ottimismo, ma lo scenario che disegna è critico.

Ambasciatore, perché avete chiesto questa riunione di Vienna?

«La speranza di pace in Siria si poggia su tre gambe, incerte e delicate: un cessate-il fuoco, la consegna degli aiuti, il processo politico con i negoziati indiretti di Ginevra. Due di queste tre gambe stavano cedendo pericolosamente: la tregua e la consegna degli aiuti. Di conseguenza rischiavano di travolgere tutto il negoziato politico-diplomatico, che è poi lo strumento per la pace. Cercare un accordo politico per trasferire il paese dalla guerra civile a una transizione e poi a un nuovo assetto politico-istituzionale. Quindi il segretario generale Ban Ki-moon ha premuto con i governi del Issg perché perlomeno si provasse a puntellare le gambe di questo tavolo».

Quali sono i risultati del vertice?

«Abbiamo provato a mettere qualche chiodo alle gambe del tavolo. Il fatto che ci siamo impegnati per far arrivare aiuti umanitari dal cielo, con lanci di paracadute, è una pressione su chi ancora blocca quei soccorsi. È sotto gli occhi di tutti che il rispetto della tregua era caduto dall’80 al 50 per cento; gli aiuti umanitari non affluiscono come concordato nelle aree assediate, l’opposizione ha impedito all’Onu di portare aiuto a Foua e Kefraya (due cittadine sciite con 30mila abitanti, ndr) e l’esercito blocca anche le medicine per i bambini, verso le aree come Darayya. Questa è la ricetta perfetta per un blocco totale: io sono ottimista, ma non nascondo la realtà, e così il segretario Ban Ki-moon».

Se non partono gli aiuti, se non si consolida la tregua cosa succederà?

«Semplice: la guerra civile riprenderà, con nuove armi che sono arrivate o arriverebbero subito, ci saranno altre migliaia di profughi. Io non voglio essere catastrofista, ma se il conflitto in Siria riprende forza soltanto pochi siriani proveranno a rimanere nel paese e ci sarà una nuova fuga verso l’Europa. Chi è stato coinvolto direttamente e ha perso la casa o la famiglia è già fuggito o ci sta provando: se riparte la guerra si perderà fiducia nella possibilità del paese di riprendersi, partiranno quasi tutti ».

Nel frattempo però le azioni militari dei russi, dei siriani e della coalizione americana hanno fermato l’Is.

«Ma lo Stato Islamico riprenderebbe forza immediatamente da una nuova condizione di guerra civile, allargherebbe le sue sfere di influenza, mentre il paese andrebbe verso una sorta di ripartizione in 3 o 4 zone che renderebbe il tutto ingovernabile per anni».

Ambasciatore, tutti sanno che tra luglio e agosto l’amministrazione americana perderà spinta propulsiva, entrerà in campagna elettorale e dovrà fare la “faccia feroce” ai russi. Mentre proprio oggi si vedeva plasticamente che il negoziato va avanti proprio grazie a Russia e Stati Uniti.

«Io non entro in queste dinamiche politiche nazionali, ma è chiaro che luglio-agosto è il tempo entro cui dobbiamo dare una svolta al processo. Tra l’altro è stato ribadito che entro il primo agosto dovrà partire il processo politico di transizione per le istituzioni siriane. Si, in quei due mesi arriverà il tempo delle decisioni. Ed è vero: il negoziato si è retto sull’energia positiva che Russia e Stati Uniti hanno saputo imporre, il solo fatto che a Ginevra ci sia una sala operativa militare comune russo-americana in cui anche generali e ufficiali controllano la tregua e parlano con le diverse parti è un esempio di quanto essenziale sia il ruolo di questi due paesi. Ma non basta, tutti devono essere pronti a rinunciare a qualcosa».



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