Rcs, un ballo sul Titanic

Rcs, un ballo sul Titanic

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La saga Rcs-Rizzoli non sfigurerebbe in una serie tv, di quelle lunghe e di forte esprit americano: dove i buoni si confondono con i cattivi, e viceversa.

In altri anni il gruppo fu persino oggetto del desiderio della loggia P2. E non per caso. Segnatamente il Corriere della sera ha un tale valore simbolico, da soppiantare ogni regola economica, classica o meno che sia. È così anche questa volta. La controffensiva condotta da Bonomi con gli orchestrali della cordata centrata su Mediobanca, Della Valle, Pirelli (la Cina è vicina?), Unipol vuole bloccare l’offerta di Urbano Cairo.

Editore “puro” sì, ma supportato da Intesa-S.Paolo. E qui sta un indizio. Mediobanca probabilmente non può far passare il combinato disposto tra un signore dall’aria tranquilla e un competitore della e nella arena finanziaria.

È il potere, bellezza. Quando c’è di mezzo il sapore del comando, i soldi non si contano: si pesano, per dirla con il fantasma di Enrico Cuccia.

Mettere fuori gioco Cairo sembra, poi, il disperato tentativo di coloro che suppongono di essere gli ultimi sacerdoti del tempio di un capitalismo che vive di ricordi. Nell’album di famiglia la proprietà di Rcs è come la foto della prima comunione o del matrimonio. Sono simboli di ineguagliabile potenza, rappresentando i desideri profondi e ancestrali dei signori della guerra. Il titolo ha ballato ieri a lungo e il consiglio di amministrazione è convocato ad horas.

Come finirà? Chissà. È un ennesimo ballo sul Titanic, su di un giornale e un’editoria infiacchiti e alla ricerca di un futuro. Con la scommessa digitale che incombe come la Morte nel Settimo sigillo se non arriva uno straccio di strategia pubblica.

Ecco. Attorno alla storica via Solferino di Milano è in corso una partita senza esclusioni di colpi, passaggio di un riassetto più grande. Chi si appropria dello scalpo sa che lo potrà portare in dote da qualche parte.

È lecito supporre che nessuno si illuda più che un quotidiano possa sovvertire le sorti politiche o elettorali. La società ancora interessata alle cose degli altri si informa prevalentemente in altri modi, con e su diverse piattaforme.

E allora? Chiariamoci. Qui di soldi veri non ne girano. Si tratta di imponenti operazioni virtuali, la cui posta in gioco è, se si sta ai conti, l’acquisizione di un bel debito.

Tuttavia, è un investimento che ritorna su piani e interessi differenti, come è sempre stato. Usciti gli Agnelli la barca ondeggia. Ma, forse, c’è una regia che ci sfugge. Per il momento.

Capiremo presto qualcosa, per esempio attraverso i silenzi del governo. Che in materia non sembra esistere.

Perché? Silenzi e assenze sono una risposta. Si sta affondando. Purtroppo è la verità. E non è detto che alla fine del gioco cinico il Corriere della borghesia si inabissi con la medesima.

Speriamo di no, ovviamente, visto che ci vanno di mezzo una storia e moltissimi posti di lavoro. Ma il cammino sembra davvero accidentato, se la cordata vittoriosa – qualsiasi sarà – non metterà danari veri, superando quel capitalismo casinò che ha portato al disastro entità di maggiore solidità.

Il citato silenzio della politica e delle istituzioni non interpella né improbabili dirigismi e neppure bramosie di strafare. Come se l’informazione non fosse già sufficientemente piegata ai voleri del principe. No. Ci si riferisce a un’idea di sviluppo del settore, introducendo risorse finalizzate alla transizione digitale, invocando una ragionevole tregua nella moderna battaglia di Solferino.

In fondo a che servono Agcom, Antitrust, Consob se non esercitano il diritto-dovere di moral suasion di fronte ad una guerriglia permanente?

Urbano Cairo ha rilasciato dichiarazioni prudenti ed attendiste: lui, patron del Toro, per una volta è ricorso all’old style juventino. Sarà. L’impressione è che attorno a tale vicenda sia cominciato un conflitto a largo raggio, che si riverbererà sui media italiani. Ivi compresa la televisione, in cui Cairo ha un piede e, forse, non gli basta.

A suo tempo le forze sindacali interne ed esterne evitarono il peggio, battendosi contro P2 e affini. Oggi l’aria è troppo serena. Qualcuno che chieda conto di ciò che accade ci sarà pure.

In fondo, giudizi a parte, tutti noi amiamo un po’ il Corriere. E chi non ama il Corriere non ama neppure l’informazione.



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