Salari in crescita, migranti e consumi la Germania dice addio all’austerity

Salari in crescita, migranti e consumi la Germania dice addio all’austerity

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BERLINO Non si può dire che la Germania sia nella morsa della cosiddetta austerità. Anzi: i salari crescono, il governo spende e i tedeschi consumano.

Un documento del ministero delle Finanze reso pubblico dal settimanale Spiegel prevede che lo Stato e le regioni spendano 93,6 miliardi nei prossimi cinque anni per rispondere alla crisi dei rifugiati. Il governo si aspetta di ricevere 600 mila profughi quest’anno, 400 mila il prossimo e 300 mila i successivi fino al 2020, dopo che nel 2015 ne sono arrivati un milione e centomila. Parte considerevole della spesa andrà in sostegni sociali (25,7 miliardi per abitazioni e sussidi), in corsi di lingua (5,7 miliardi), in spese per favorire l’integrazione (4,6 miliardi).

Già questo avrà un effetto di stimolo dell’economia. In più, Berlino prevede che il 55% dei rifugiati trovi un lavoro entro il 2020: un altro fattore potente di sostegno alla crescita. Il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble assicura che, nonostante queste uscite, il bilancio pubblico resterà in surplus o in pareggio anche nei prossimi anni. Tanto che, visto il buon andamento dell’economia e dell’occupazione, già nel 2017 il governo potrebbe prendere in considerazione una leggera riduzione del peso fiscale. Sempre con l’obiettivo di non andare in deficit: a Berlino si sottolinea che la capacità di fare investimenti a favore dei profughi è data proprio dal surplus di bilancio; diversamente, la difficoltà ad affrontare la crisi sarebbe molto maggiore di quanto è oggi.

Sviluppo ancora più importante è il fatto che i salari crescono. La settimana scorsa il sindacato dei metalmeccanici Ig Metall ha raggiunto un accordo sulla base del quale ha ottenuto un aumento delle retribuzioni del 4,8% per i prossimi 21 mesi: il 2,8% da luglio e il 2% dal prossimo aprile (la richiesta iniziale era del 5%). L’aumento riguarderà direttamente 3,8 milioni di lavoratori: il contratto della Ig Metall, però, è solitamente il benchmark sulla base del quale si concludono poi le altre vertenze di settore, che quindi tenderanno ad allinearsi a questi livelli. A riprova, 15 giorni fa due milioni di dipendenti pubblici hanno firmato un accordo simile, che prevede un aumento del 4,75% in due anni. Se si tiene conto che l’inflazione è modestissima e i rendimenti dei risparmi scarsi, una buona parte degli aumenti andrà probabilmente a sostenere i consumi. Nella stessa direzione va l’aumento delle pensioni deciso dal governo a metà aprile: 4% nella Germania Ovest, quasi 6% in quella Est.

I consumi, d’altra parte, sono già oggi l’elemento trainante dell’economia tedesca. Nel primo trimestre del 2016, è cresciuta dello 0,7% rispetto ai tre mesi precedenti, più delle attese: e, mentre il tradizionale motore dell’export ha dato un contributo negativo alla crescita, sono stati i consumi interni a fare avanzare il Prodotto lordo. Le ragioni di questo cambio di passo rispetto agli anni scorsi sono numerose: la disoccupazione ai minimi dalla riunificazione del 1990 (6,2%); il basso prezzo del petrolio che libera risorse spendibili; i tassi bassi della Banca centrale europea che non invitano a risparmiare; e ora gli aumenti di salari e pensioni. Non è un miracolo economico. Ma è anche difficile parlare di austerità.

Questa situazione aiuterà Angela Merkel il mese prossimo in Giappone, alla riunione del G7. Alcuni membri del gruppo dei Paesi a libero mercato più industrializzati — soprattutto Usa e Giappone — nelle settimane scorse hanno di nuovo invitato le economie a stimolare i consumi e la crescita, richiamo indirizzato soprattutto a Berlino. Ora, la cancelliera potrà sostenere che la Germania non è forse la locomotiva che molti vorrebbero trascinasse l’Europa ma non è nemmeno un vagone frenato.



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