«Vendete questi bond. A tutti i clienti» I pm: Etruria truffò i piccoli risparmiatori

by Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera | 10 Maggio 2016 10:17

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ROMA La prova è stata trovata nelle email inviate dalla direzione generale ai responsabili di numerose filiali: i vertici di Banca Etruria ordinarono di vendere obbligazioni subordinate anche ai piccoli risparmiatori e non solo, come avrebbero dovuto, ai clienti «istituzionali».

Nel 2013, prima che si decidesse l’emissione, sarebbe stata creata una vera e propria «cabina di regia» per fornire indicazioni utili al rafforzamento patrimoniale della banca che già era in gravi difficoltà.

E proprio dai responsabili di quell’organismo partirono circolari che indicavano tra i possibili investitori anche quelli che sicuramente «non avevano un profilo finanziario adeguato».

La circolare 2013

Una in particolare, un documento che metteva nero su bianco i comportamenti da tenere nel rapporto con la clientela. Per questo sono stati indagati e perquisiti dalla Guardia di Finanza su ordine della procura di Arezzo due dirigenti dell’Istituto di credito aretino, accusati di truffa aggravata. È il primo passo di un filone investigativo che potrebbe avere a breve nuovi sviluppi. Non è l’unico. Anche le verifiche per la bancarotta fraudolenta, per cui sono indagati i componenti dell’ultimo Cda, hanno fatto emergere altre irregolarità da contestare a chi è sospettato di aver portato Etruria al dissesto.

La clientela retaila conferma delle disposizioni ricevute dalla sede centrale è arrivata da numerosi direttori di filiale interrogati dal pool di pubblici ministeri coordinati dal procuratore di Arezzo Roberto Rossi. Il resto è stato trovato nel corso delle perquisizioni effettuate nei mesi scorsi dopo la presentazione di oltre 400 denunce di cittadini che lamentavano di essere stati ingannati da chi aveva proposto loro «un investimento sicuro», omettendo di prospettare i rischi legati all’acquisto di quelle obbligazioni. In particolare il decreto che dispone la perquisizione negli uffici e nelle abitazioni dei due dirigenti evidenzia come «la sottoscrizione sia stata rivolta a una clientela retail e non a quella professionale». Un modus operandi già emerso nel corso dei controlli effettuati dal Nucleo valutario per ordine della procura di Civitavecchia che indaga sul suicidio del pensionato Luigino D’Angelo, che si è impiccato nel novembre scorso, cinque giorni dopo il decreto «salvabanche» del governo che ha reso carta straccia le obbligazioni causandogli una perdita di oltre 100 mila euro. E denunciato da migliaia di piccoli risparmiatori in tutta Italia.

I soldi «spostati»

È la stessa Procura, in una nota, a confermare che «gli investimenti in subordinate, su proposta dei responsabili d’area e degli uffici territoriali, sono stati prospettati a vari clienti come investimento sicuro e analogo a quelli in obbligazioni ordinarie e titoli di Stato. Talvolta, il cliente è stato addirittura spinto a effettuare il disinvestimento di operazioni a capitale garantito per favorire l’acquisto delle obbligazioni subordinate, che gli era stato proposto come una promozione della banca rivolta ai propri clienti migliori, ma che doveva essere sottoscritto in tempi brevissimi».

La bancarotta

La necessità di ottenere denaro derivava dalla disastrosa gestione dei vari Cda e in particolare l’ultimo, quello guidato dal presidente Lorenzo Rosi e dai suoi vice Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre del ministro per le Riforme Maria Elena. Tutti indagati per bancarotta e sospettati — insieme ai consiglieri — di aver dissipato il patrimonio. È la relazione del commissario liquidatore Giuseppe Santoni a stigmatizzare «la concessione di finanziamento da milioni di euro senza avere le adeguate garanzie di rientro», l’autorizzazione «di prestiti ad aziende in conflitto di interessi visto che erano riconducibili ad alcuni consiglieri o allo stesso Rosi», la concessione «di consulenze inutili per oltre 17 milioni di euro». E su questa base si sta muovendo la Procura che già prima dell’estate potrebbe chiudere alcuni filoni di inchiesta con le richieste di rinvio a giudizio. Un passo che agevolerebbe anche la richiesta di risarcimento che numerosi investitori hanno già presentato.

Fiorenza Sarzanini

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