Bonus restituiti, un quarto da incapienti soprattutto donne e redditi bassissimi

Bonus restituiti, un quarto da incapienti soprattutto donne e redditi bassissimi

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Lucia, cameriera in un agriturismo, disoccupata. Catiuscia, portalettere, vedova. Marika, addetta alle pulizie, single straniera con un figlio. Tre donne che si trovano a restituire il bonus da 80 euro di Renzi – ora, nel 2016 – perché «non spettante », come dice la legge. Non è un caso che non si tratti di uomini. Perché sono proprio le donne a essere le più colpite. Redditi bassissimi, part-time, senza lavoro. Un identikit micidiale, spesso tinto di rosa.

I dati del dipartimento Finanze, fermi a quanto accaduto nel 2014 e rivelato dalle dichiarazioni dei redditi 2015, dicono che un quarto di chi ha ridato 320 milioni allo Stato era incapiente, dunque con guadagni lordi annui inferiori agli 8 mila euro. Parliamo di circa 350 mila italiani su un milione e 450 mila. È pur vero che un altro milione e 621 mila si è visto piovere il bonus a sorpresa nel 730. Ma di questi appena l’8% era incapiente. E le cifre lieviteranno nelle dichiarazioni fiscali di quest’anno, visto che nel 2015 il bonus è stato pieno (960 euro) contro gli otto mesi del 2014 (640 euro). Ma ciò sorprende dei racconti di queste donne è l’inconsapevolezza di dover ridare – e tutto in una volta – qualcosa che neanche si sapeva di aver ricevuto. E la battaglia burocratica per far sì che non accada più.

Lucia, 47 anni, fa la cameriera negli agriturismi di Lugo di Romagna. Contratti a chiamata, quando c’è il lavoro. Nel 2015 non c’era. «L’unico mio reddito è stato il sussidio di disoccupazione: 3.900 euro lordi », racconta. «Un paio di settimane fa vado al Caf per fare la dichiarazione. Non sono obbligata. Ma volevo scaricare alcune spese sanitarie e veterinarie. E lì scopro di aver ricevuto a mia insaputa 400 euro di bonus, agganciati ai 160 giorni di disoccupazione, ora da restituire. Mi dicono: signora, tra dare e avere, prevale il dare. A questo punto non le conviene fare il 730. Ma perché l’Inps non ha segnalato il bonus? E cosa mi succede ora? Verrà a cercarmi Equitalia?». Nel cedolino dello stipendio c’è la dizione “credito Dl 66/2014”. Nel caso di Aspi, Naspi e affini, no, dice il Caf Cgil di Lugo. Ma «la specifica viene messa nel cassetto previdenziale», spiega l’Inps, dunque su Internet. «E in ogni caso noi applichiamo la legge. Riconosciamo in automatico il credito, in base ai dati a nostra disposizione. Ma per la cassa integrazione non si può certo prevedere la durata delle sospensioni dal lavoro. Tocca al lavoratore comunicare la non spettanza o la perdita del diritto al bonus».

Catiuscia fa la postina a Rieti, ha 47 anni. «Grazie al mutuo e alle spese mediche, quest’anno vado in paro e riesco a non sentire i 960 euro da restituire del bonus che non avevo chiesto, ma mi viene richiesto e tutto insieme », racconta mentre accosta la bicicletta. «Sono vedova da cinque anni. E da allora l’Inps mi gira una pensione di reversibilità più alta del dovuto. Sa quante volte ho fatto presente la cosa? Ogni anno, per quattro anni, non ho preso lo stipendio di novembre per restituire l’eccedenza. I computer non si parlano, mi dicevano. E quando pensavo di aver risolto il pasticcio, ecco il bonus. Con il cumulo tra stipendio e pensione supero il livello lordo massimo (26 mila euro, ndr). E dunque devo ridare. Per carità, è la legge. Ma perché queste leggi creano così tanti disagi alla gente? Il Caf Uil mi ha suggerito di chiedere al mio datore di fermare gli 80 euro, per evitare il salasso nel 2017. Ma intanto mi toglieranno subito i 400 euro dei primi cinque mesi. Si può continuare così?».

Marika, 27 anni, in Italia da tre, un figlio e contratto part-time: 15 ore a settimana come donna delle pulizie, presso un’azienda di servizi di Modena. «Qualche giorno fa decido di passare dalla Filcams Cgil. E scopro di dover restituire il bonus di Renzi, avuto tutto insieme – 640 euro per otto mesi lavorati – solo a dicembre, perché grazie alla tredicesima ero diventata capiente. Mi è crollato il mondo addosso. Mi dicono: devi fare la dichiarazione, anche se potresti non farla. È necessario, se non vuoi pagare in futuro sanzioni e interessi». Il caso di Marika non è isolato in zona. Servizi, turismo, commercio: dove sono diffusi part-time, stagionalità, disoccupazione, assunti in corso d’anno, è più facile trovare storie così. La Cgil di Modena ha messo sul sito una nota per invitare gli incapienti a fare un controllo, «senza dare nulla per scontato». Molti non sanno di dover restituire. Altri non sanno di aver ricevuto.

 


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