Beppe Sala recita il mantra e prega
L’ex manager di Expo per recuperare qualche voto conta sull’appoggio dei radicali e dei compagni che tentennano della lista Milano in Comune. Ma la partita verrà decisa dall’eventuale ritorno degli astensionisti e dagli elettori del Movimento 5 Stelle. Comunque andrà a finire, la sinistra a Milano sarà costretta all’irrilevanza
MILANO Silenzio, per favore, la sinistra milanese sta rimuginando per voi. Il coro di piccoli fans di Beppe Sala ormai è diventato un frastuono, legittimo ma piuttosto fastidioso perché dice una cosa non vera: “Questo non è un voto contro Matteo Renzi” (ripetere centinaia di volte, anche inginocchiandosi di fronte ai più ostinati). Ne dice anche una verissima, che però potrebbe non bastare a convincere i più riottosi stanchi del meno peggio: se vince Stefano Parisi tornano i mostri. Già, pensarci prima però sarebbe stato più strategico. Poi c’è il borbottio dei flagellanti della sinistra di Basilio Rizzo che continuano a tormentarsi per convincersi a fare il triste dovere: “Questo non è un voto contro Matteo Renzi” (ma gli riesce meglio raccontarsi la storia dei mostri).
Gli astensionisti invece tacciono, o quasi, rannicchiati come gli avvoltoi. Sono la maggioranza: circa 90 mila quelli che al primo turno hanno voluto punire lo spettacolo penoso offerto dal centrosinistra milanese che ha voluto affidarsi a Mr.Expo per sperimentare il turbo laboratorio del futuro partito della nazione. Gli elettori del Movimento 5 Stelle (52.376 voti decisivi) possono fare la differenza, e senz’altro sono più disposti di altri a sacrificare Milano per battere il governo.
Per questo domani il centrosinistra potrebbe perdere Milano. Chi l’avrebbe mai detto? Se doveva essere un calcio di rigore, come aveva scherzato il presidente del Consiglio, qualcuno deve aver ristretto la porta perché a poche ore dal voto le gambe tremano come un budino. Stefano Parisi in fondo non ha niente da perdere, lui, un perfetto sconosciuto, ha già fatto il miracolo dominando in solitaria una campagna elettorale che ha lasciato nell’ombra i suoi leader (altrimenti detti mostri). Beppe Sala, invece, nonostante continui a ripetere il contrario, non riesce a liberarsi del fantasma di Matteo Renzi.
L’uomo che sembrava imbattibile oggi sembra diventato indispensabile per perdere tutte le partite nelle grandi città, e questa di Milano ha tutto il sapore di una finalissima per l’uomo che governa l’Italia e il partito senza essere stato eletto da nessuno. “Il mio invito agli elettori – ha ridetto ieri Sala nell’ultima conferenza stampa – è di pensare a me e non a Renzi. Perché qui si sceglie il sindaco di Milano per i prossimi cinque, anzi, oserei dire, per i prossimi dieci anni”.
A questo punto Sala, di gran lunga migliore della coalizione che lo sostiene, non può far altro che osare e ostentare ottimismo. Anche se girano voci di sondaggi che danno il suo avversario in vantaggio di due punti, ma sembrano solo diversivi per spaventare il “popolo di sinistra” che ha tutta l’aria di voler fare di testa sua. “Sono ottimista sul fatto che in tanti torneranno a votare, l’affluenza sarà più alta anche perché al primo turno tanti se la sono presa comoda sapendo già chi sarebbe andato al ballottaggio” (il 5 giugno ha votato il 54,65% degli aventi diritto, minimo storico per un’elezione milanese). Sala è convinto di ripartire da “una situazione di vantaggio e da un bacino di possibile allargamento con i Radicali e la lista di Basilio Rizzo”. C’è del vero, anche perché l’idea – fatta eccezione per l’incognita M5S – è che Stefano Parisi abbia già fatto il pieno di voti (i due sono separati da meno di 5 mila voti).
L’avvicinamento a Beppe Sala dei Radicali (10.104 voti) e della lista Milano in Comune (17.635 voti) è diverso e per certi versi contradditorio. Sono due scelte, diciamo così, che non stanno scatenando molti entusiasmi. Sui primi si fa della facile ironia, visto che solo un mese fa hanno presentato un esposto sull’ineleggibilità di Beppe Sala. Vabbè. Quanto alla lista Milano in Comune, proprio ieri Basilio Rizzo a Radio Popolare ha annunciato il suo voto (personale) per Beppe Sala. Lo sapevano tutti ma tanto è bastato per scatenare l’ennesimo psicodramma a sinistra – circola in rete un appello a votare scheda bianca scritto da pezzi de L’Altra Europa per Tsipras. La verità è che, per una questione di numeri, non sono questi i voti che decideranno la sfida di domenica prossima. Comunque vada a finire, a Milano la sinistra sarà costretta all’irrilevanza. Non male dopo cinque anni di “rivoluzione arancione”.
Ieri sera la campagna elettorale di Beppe Sala si è chiusa con una festa obbligata in piazza Castello, ma il vero appuntamento per la sinistra che sta rimuginando sul che fare era da un’altra parte, all’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini per i 40 anni di Radio Popolare. La festa continua anche oggi con decine di appuntamenti e finisce domenica alle 23 – non è una battuta – quando comincerà la conta dei voti.
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